Nessuna nazione può ospitare più persone di quante ne possa accogliere e assistere. Non c’è niente di ‘umanitario’ nell’aprire indiscriminatamente le frontiere, per poi destinare a una vita di marginalità e povertà chi entra in Italia.
L’esperienza, anche nelle nazioni che per il portato della stagione coloniale sono caratterizzate da elevata vocazione multirazziale come la Francia o la Gran Bretagna, insegna che i percorsi di integrazione sono lunghi e mai scontati. E che troppo spesso sacche di disperazione accolte indiscriminatamente si inseriscono nei tessuti indigeni di maggior disagio, generando conflitti sociali, fenomeni di delinquenza ed estensione di episodi di asservimento al crimine organizzato. L’equazione immigrazione/delinquenza deve essere culturalmente combattuta, ma lo Stato non deve mai abbassare la guardia verso fenomeni che diminuiscano nei cittadini anche solo la percezione di sicurezza, che va sempre intesa come prima garanzia per la realizzazione di qualunque forma di libertà.
Governare i flussi, controllare le frontiere, imporre il rispetto della legalità, è la strada per garantire accoglienza, integrazione, solidarietà. Una politica efficace cui il governo di centrodestra aveva dato corso è stata smontata solo dalla guerra in Libia e dalla ‘primavera araba’, che hanno generato una nuova ondata di profughi.
Insieme al contrasto intransigente verso la clandestinità, deve procedere di pari passo il percorso verso la piena integrazione dei nuovi cittadini. Perché l’Italia sia la terra di chi la ama, la conosce, ne rispetta Costituzione e tradizioni culturali e religiose.
Le scelte:
- Rafforzamento del meccanismo degli accordi bilaterali con gli Stati di provenienza degli stranieri al fine di governare i flussi, attuazione di politiche di rimpatrio, coordinamento della sicurezza, azione diplomatica sullo scacchiere mediorientale.
- Inasprimento contro i nuovi mercanti di esseri umani, la diffusione del lavoro nero, del caporalato e dello sfruttamento.
- Introduzione meccanismi di incentivo all’apprendimento della lingua, della cultura e della Costituzione italiane.
- Introduzione, a richiesta e senza demagogici automatismi, del diritto alla cittadinanza italiana per le “seconde generazioni”, non per semplice nascita sul territorio nazionale, ma secondo il principio che chi completa l’intero ciclo della scuola dell’obbligo e dimostra piena integrazione e volontà di ottenimento della cittadinanza è da reputarsi titolato ad averla.