L’intervista di Amedeo La Mattina
Finalmente il centrodestra ha riaperto un canale di comunicazione con il governo. A Palazzo Chigi si sono presentati Giorgia Meloni, accompagnata dal capogruppo Lollobrigida, Matteo Salvini, Antonio Tajani che rappresentava Silvio Berlusconi, e Maurizio Lupi per Noi con l’Italia. Hanno chiesto di accogliere le loro proposte nel decreto Cura Italia.
Giorgia Meloni, com’è andata? È soddisfatta dalle risposte del premier Conte? «Vediamo quali e quanti nostri emendamenti verranno accolti nel decreto Cura Italia. Ho però detto che non siamo disponibili a lavorare a scatola chiusa. Ribadisco che il decreto è solo un cerotto e non una cura noi non possiamo esprimere un giudizio se non sappiamo cosa ci sarà scritto nei decreti successivi. Vogliamo sapere complessivamente quanto spenderemo perché con 25 miliardi l’Italia non la curi. Ce ne vogliono tre, quattro di quei decreti».
Avete pure criticato il metodo di comunicare del premier? «Sì. Le norme prima si scrivono poi si divulgano per evitare di creare ansia e confusione. Sarebbe stato corretto convocare una conferenza stampa e rispondere ai giornalisti in modo che tutti sapessero cosa fare. È invece accaduto che il premier ha fatto una diretta Facebook sabato, e domenica sera le imprese ancora non sapevano se lunedì dovevano aprire o chiudere. Ma poi c’è un punto cruciale che riguarda le libertà fondamentali. A causa dell’emergenza si sta progressivamente limitando la libertà individuale dei cittadini a colpi di decreti del presidente del Consiglio, ma noi siamo in una democrazia e provvedimenti così gravi non possono prescindere da un coinvolgimento del Parlamento. Rischiamo che questi Dpcm diventino un pericoloso precedente».
Lei ha chiesto che il Parlamento lavori ad oltranza. «Esatto. Secondo me il Parlamento dovrebbe essere trasformato in una sorta di unità di crisi permanente nella quale poter lavorare quotidianamente, mettere insieme le energie migliori, fare proposte e dare risposte agli italiani. Cosa ben diversa da pretendere che mettiamo la faccia su misure che ci vengono comunicate un minuto dopo essere state decise. Mentre mezza Italia è al lavoro, il Parlamento non si può riunire una volta la settimana, con un’informativa del ministro Gualtieri e una informativa del premier che abbiamo chiesto noi. Vogliamo lavorare con serietà a un testo condiviso. Oltre a un tavolo tecnico è necessario un tavolo politico per le grandi scelte politiche di fondo. Vogliamo arrivare al miglior testo possibile condividendo le idee di ciascuno».
Lei vede veramente un rischio predatorio per le aziende italiane? «Non ho dubbi. Abbiamo aziende strategiche sotto attacco. Per questo ho chiesto al premier di estendere la golden power il più possibile per salvaguardare i nostri gioielli di famiglia. Ho detto che si tratta di una priorità assoluta. Siamo sotto attacco speculativo e nessuno mi toglie dalla testa che c’è chi ha provato a utilizzare il virus per fare acquisizione a basso costo a casa nostra. Io sono convinta, tra l’altro, che la presidente della Bce Lagarde non abbia fatto una gaffe l’altro giorno quando ha detto che la Bce non può fare nulla per contenere gli spread, ma che quella frase fosse meditata. Abbiamo chiesto al Copasir di andare fino in fondo sugli attacchi speculativi che ci sono stati contro le nostre imprese. Su questo mi auguro siamo tutti d’accordo».
Un’altra questione molto delicata è il ricorso al fondo Salva Stati. Ne avete parlato nell’incontro a Palazzo Chigi? «Certo, io ho posto la questione facendo riferimento proprio a quei Paesi che ci hanno sempre dato lezioni. Al presidente Conte ho detto chiaramente che non possiamo in alcun modo rischiare l’attivazione di condizionalità che sarebbero mortali per i rispandi degli italiani e ci ridurrebbero come la Grecia. Forse è meglio che ci riprendiamo i soldi che ognuno ha messo il quel fondo. Punto. L’Olanda dice che non consentirà l’attivazione senza condizionalità. Allora io ho detto a Conte: vi do un consiglio, andate alla riunione dell’Eurogruppo a porre il problema di quelle Nazioni che in Europa hanno attivato paradisi fiscali. Chiedete sanzioni per quei Paesi, come appunto l’Olanda, che drenano soldi dagli Stati membri consentendo alle grandi aziende di non pagare le tasse in Patria. Così vediamo se queste nazioni così brave a dare lezioni agli altri, abbassano le penne».