Il presidente di FdI: «Draghi si rende conto della serietà delle nostre proposte, ad esempio sul cashback»
Giorgia Meloni si è stufata di sentirsi dare dell’omofoba. «Sono contraria alla legge Zan per motivi che nulla hanno a che fare con l’omofobia – dice la leader di Fratelli d’Italia – qua non c’è nessuna fobia, è una questione razionale, si possono avere idee diverse sui contenuti di una legge». Unica leader dell’opposizione al governo Draghi, con cui pure mostra di coltivare un certo feeling, aspirante leader del centrodestra, ma «io e Salvini non ci odiamo, c’è lealtà reciproca», fieramente critica dell’attuale modello europeo: «Chi propone di cambiarlo non è un mostro». Nell’intervista con il direttore de “La Stampa”, Massimo Giannini, per la trasmissione “30 minuti al Massimo” (versione integrale su lastampa.it), Meloni ribalta la prospettiva e accusa la sinistra di «fare battaglia politica sulla pelle di gay e lesbiche, usando i più fragili come scudi umani per fare altro».
Questo vale anche per chi si oppone alla legge Zan, o no? «No, dovrebbe chiederlo a molti omosessuali orgogliosi che non sono incappati nelle lobby gay e non amano farsi usare ed essere oggetto di propaganda. Nel merito, credo che portare nelle scuole elementari il tema dell’omosessualità non c’entri niente con la discriminazione. Tra l’altro, nelle stesse scuole in cui non facciamo educazione sessuale. Perché siamo sessuofobi? No, perché è un tema complesso e io credo sia meglio venga affidato alle famiglie. Qui non c’è nessuna fobia, solo un punto di vista diverso».
Quindi FdI la legge Zan non Ia voterà a prescindere? Anche se alla fine Salvini e Renzi riescono a modificarla? «Vediamo se e come la modificano. Un conto è prevedere aggravanti in caso di discriminazione, ma la legge Zan fa tutt’altro».
A proposito di leggi, come valuta quella anti Igbt del governo ungherese di Orban? «Ho letto quella legge e mi pare molto diversa da quello che avete scritto sui giornali. Con toni che io non userei mai e che possono non piacere, dice una cosa semplice; non si fa propaganda gender nelle scuole, soprattutto se a farla sono associazioni che non sono riconosciute dal sistema formativo ungherese. Da qui a dire che è una legge omofoba ce ne passa».
L’ha criticata con forza anche la presidente della Commissione europea Von der Leyen: sta con lei o con Orban? «Io sto con Giorgia Meloni e con l’Italia, sempre. La cheerleader la faccio fare ad altri. Ma mi faccia dire che, visto che l’Ue è così sensibile su questa materia, credo debba essere coerente. Porteremo in Parlamento una proposta, affinché il Governo Draghi si faccia promotore, a livello europeo, dell’iniziativa di sospendere gli accordi commerciali con tutti i Paesi che puniscono l’omosessualità come un reato. E vediamo chi la vota».
Intanto ha fatto discutere la vostra firma del cosiddetto manifesto dei sovranisti; è compatibile con i valori europei? «È un tentativo di far emergere nel dibattito anche un altro modello di Europa, diverso dall’attuale. La conferenza sul futuro dell’Europa è stata disegnata per confermare una tesi, che è quella federalista, che espropria sempre di più gli Stati nazionali delle loro competenze. Io credo, invece, in un modello confederale: l’Unione si occupa delle grandi materie, come la politica estera, di cui oggi non si occupa, e lascia agli Stati le materie più vicine ai cittadini. Lo sosteneva un padre fondatore come De Gaulle, oggi chi lo dice viene considerato un eretico, un mostro. E questo mi sembra un po’dittatoriale, a lei no?».
Con Mario Draghi come va? Il confronto è positivo? «Ci ascolta, si rende conto della serietà delle nostre proposte, ad esempio sul cashback, uno strumento che noi avevamo criticato già un anno fa. In alcuni casi condivido le sue mosse, in altri meno, come sul decreto Sostegni, che ho considerato in continuità con il governo Conte. Sul Pnrr non ho apprezzato il metodo, perché il Parlamento non ha potuto leggere prima il documento, al contrario della Commissione europea, mentre alcuni contenuti vanno bene. Altri mancano».
Come valuta il compromesso sul blocco dei licenziamenti? «Secondo me è un tema secondario, la questione principale è impedire che le aziende chiudano, perché la gente sempre in mezzo alla strada si ritrova. Le risorse andavano messe sulla continuità aziendale e per mantenere i livelli occupazionali. Serve, e l’ho detto anche a Draghi, un piano triennale di incentivi fiscali e burocratici per le aziende che oggi fanno il sacrificio di tenere aperto, perché per molti imprenditori può essere più vantaggioso chiudere».
Dica la verità, si sta bene all’opposizione, almeno a giudicare dai sondaggi… «C’è un lavoro immenso da fare, va sempre considerato che Fratelli d’Italia ha solo il 5% dei parlamentari; ogni deputato o senatore fa il lavoro di quattro persone, ma riusciamo a essere presenti nel dibattito e a promuovere iniziative. Leggo spesso che “Meloni ha fatto la scelta comoda”, ma ricordo che a febbraio la vulgata generale era “sono morti, spacciati”. È stata una scelta per convinzione e non per convenienza, evidentemente vedere qualcuno che fa quello che dice paga in termini di consenso».
È un caso che, all’opposizione, siete diventati il primo partito o quasi? «Non dipende dal fatto che siamo all’opposizione, ma dalla concretezza e dalla coerenza della nostra proposta, dall’avere una parola sola e mantenerla. Non stiamo lì a gridare tanto per gridare, quando non siamo d’accordo lo diciamo e, in questo senso, abbiamo meno vincoli rispetto a chi sta in maggioranza. Penso che così facciamo un servizio alla nazione».
Giorgia Meloni leader inizia a diventare un problema a destra? «Ma pure a sinistra, glielo assicuro! Io sono contenta di come ci stiamo muovendo come centrodestra, su tutte le questioni fondamentali. Facciamo scelte condivise, abbiamo candidati unitari in tutte le città. Noi stiamo insieme per compatibilità di idee, gli altri solo per interesse».
Ma queste elezioni amministrative volete vincerle davvero? Non sembrano candidati di alto profilo… «Certo che vogliamo vincere, io sono convinta che abbiamo fatto scelte competitive, selezionando sindaci, non candidati. Persone all’altezza del compito, autorevoli e competenti, magari meno note, che ora dobbiamo far conoscere, costruendo la loro candidatura».
Nicola Zingaretti ha detto, proprio qui a La Stampa, che vincono loro 5-0. Come replica? «Ne riparliamo il 12 ottobre, io, lei e Zingaretti. Non faccio pronostici, perché sono troppo intelligente o forse troppo scaramantica. Ma sono molto ottimista sul risultato».
Ottimista anche su una sua leadership del centrodestra? La spunta lei nella competizione con Salvini? «Non c’è competizione, solo un sano criterio meritocratico. Tutti i giorni sui giornali c’è scrino che io e Salvini ci odiamo, che ci tiriamo i cartoccetti. Noi, invece, ci mandiamo i messaggini per riderci su, perché sono ricostruzioni totalmente fantasiose. Secondo le regole che ci siamo dati nel centrodestra, chi prende più voti alle elezioni indica il premier».
E nel caso di Fratelli d’Italia sarà lei con Salvini vice? «Ma dai, mi pare che sia messo bene, non mi pare sia in difficoltà. Tra noi c’è un meccanismo di lealtà reciproca. Nel 2018, io più di chiunque altro chiesi a Mattarella di dare l’incarico a Salvini per formare un governo di centrodestra».
Se lei vince le elezioni e diventa premier, chi è il suo ministro dell’Economia? «Intanto vinciamo, poi si scelgono i ministri. Ma lei non si preoccupi, i nomi ce li ho tutti in testa».
Quindi ne avete già parlato con Salvini e Berlusconi? «No, è la mia lista personale, che poi ovviamente si discute e si media con gli alleati». Pensa anche a tecnici. «Dipende cosa si intende per tecnici, io penso ai migliori, quindi anche figure non politiche».
A proposito, Draghi può essere un buon Presidente della Repubblica? «Non sono in grado di dirglielo adesso, non ho chiara la sua figura a 360 gradi. Sicuramente è una persona di estrema autorevolezza. Dalla sua parte c’è il fatto che, se lui va al Quirinale, ragionevolmente si andrebbe a votare e questo mi fa propendere per questa soluzione». Ma lei ce l’ha un candidato per il Colle? Berlusconi? «Ho delle idee in testa. E su Berlusconi, se ci fosse la possibilità, avrebbe il mio sostegno».
Chiudiamo sull’Italia di Mancini, in finale agli Europei: vinciamo? «Anche qui niente pronostici, ma è una bella squadra, che ci sta dando grandi soddisfazioni. Mi hanno emozionato, faccio i complimenti al nostro ct. Ora Italia-Inghilterra a Wembley e mi viene in mente Fantozzi: anche io sarò davanti alla tv con la frittatona di cipolle. Di certo non vedrò “La Corazzata Potemkin”».