L’intervista integrale del presidente di FdI e candidato sindaco di Roma. Con quattro candidati in campo nel centrodestra non rischia di restare fuori anche dal ballottaggio? «Tutti i sondaggi dicono che la distanza è assolutamente recuperabile. Man mano che la campagna elettorale andrà avanti, l’elettore di centrodestra si accorgerà di chi sia l’unico candidato che può arrivare al ballottaggio e vincerlo».
Rimarrete in quattro? «Spero di no, ma i matrimoni si fanno in due. Abbiamo prima dato l’ok a Bertolaso, facendo un errore di valutazione perché non è competitivo, quindi è scattata la famosa extrema ratio. Avevamo sempre detto che se fosse sceso in campo uno dei capi della coalizione, gli altri lo avrebbero appoggiato». Perché non si è candidata subito? «Secondo me Bertolaso aveva un ottimo curriculum. Ma se poi giriamo per strada e ci accorgiamo che i romani non lo vogliono votare, in politica bisogna avere anche l’umiltà di cambiare idea, non ci si può impuntare e andare contro un muro».
Alfio Marchini dice che alla fine resteranno solo due candidati. «Marchini ha giustamente sempre cercato sostegno a destra e sinistra, per ampliare la sua compagine. Molto più difficile sarebbe per Forza Italia giustificare l’eventuale scelta di convergere su Marchini. Molti elettori di Berlusconi, che adesso restano fedeli a Bertolaso, la vedrebbero come una scelta per favorire l’avversario e voterebbero per me. In questo caso io sarei ancora più ottimista sul mio risultato». Come valuta l’amministrazione Alemanno? «È stata bocciata dai romani. A voler scavare, ha fatto anche cose interessanti, ma complessivamente quella esperienza politica non ha raggiunto l’obiettivo per i quali i romani l’avevano scelta: la discontinuità con il passato».
A Roma si vince nelle periferie? «Si vince se si manda la gente a votare. Poi è chiaro che anche le periferie fanno la differenza: Roma è una città dove 800 mila persone vivono fuori dal raccordo anulare, un terzo degli abitanti». E come pensa di convincere i romani? «Il decoro e la pulizia soni i temi di maggiore buon senso che il sindaco può affrontare. Dobbiamo pulire, sistemare. Credo molto nei programmi di sostituzione edilizia, per esempio mi piaceva il progetto che era stato pensato dall’amministrazione Alemanno per Tor Bella Monaca. Si può fare con l’aiuto dei privati, che vanno coinvolti nella sostituzione edilizia nei quartieri».
Atac e Ama vanno privatizzate? «Non sono contraria, bisogna prima mettere sul mercato le aziende di secondo livello che al Comune non servono». Si troverebbe, qualora eletta, a governare una città con tanti problemi e pochissimi soldi a disposizione. «Penso che Roma debba avere uno statuto speciale. Noi non siamo stati bravissimi, come romani e come classe dirigente, e abbiamo sprecato tanto. Ma sta di fatto che Roma non può farcela con i poteri, le risorse e le competenze di cui dispone attualmente».
I 23 mila dipendenti del Campidoglio sono troppi? «No: ne abbiamo 9 ogni mille abitanti, contro i 12 di Milano. Poi c’è il tema delle municipalizzate che è un’altra partita. Bisogna privatizzare alcune aziende di secondo livello, che al Comune non servono, e immaginare mobilità interna del personale all’interno del Comune e tra le municipalizzate». Il ministero dell’Economia ha bocciato il vecchio salario accessorio, pagato a pioggia ai dipendenti. «In Italia a un certo punto si è usato il salario accessorio come forma di integrazione per stipendi che altrimenti sarebbero stati troppo bassi. Ma così non è legato al merito. Invece bisogna alzare lo stipendio base, facendolo diventare dignitoso, e legare gli extra al merito, altrimenti non si motivano le persone e non si utilizzano bene le risorse professionali».
Come pensa di scegliere gli assessori della sua giunta? «Non ho principi di superiorità, io. Di sicuro a chi viene da una storia diversa dalla mia non affiderò i campi rom, ma se è un bravo tecnico la gestione dei rifiuti, per esempio». Anche lei, come Giachetti, si dimetterà da parlamentare solo in caso di elezione ? «Sì».
Un progetto per Roma? «Decongestionare il centro dai ministeri: come il Museum Mile a New York. Voglio liberare la direttrice di via XX Settembre da tutti i palazzi del Potere per creare un museo lungo due chilometri fino a piazza Venezia». È un progetto vecchio di anni, però. «Infatti richiederà tutto il tempo della mia consiliatura».
La politica è maschilista? «È la società italiana che è indietro con i tempi». Come chiamerà sua figlia? «Bella domanda. Io e il mio compagno stiamo litigando: io sono per Angelica, lui propone nomi incredibili. Troveremo una sintesi politica».