L’intervista di Alessandro Sansoni
«Abbiamo avuto più di 32 mila morti: una tragedia. All’Italia però fanno male anche le scelte sbagliate in economia di questo governo». va dritta al punto la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che dopo aver affrontato l’emergenza coronavirus con senso di responsabilità nei confronti del Paese, non è per nulla soddisfatta di come il governo conte sta gestendo la fase 2 e la crisi economica. «La priorità dovrebbe essere scongiurare la chiusura delle nostre aziende e la conseguente crisi occupazionale».
E invece? «Sin dall’inizio abbiamo visto un esecutivo in affanno, che rincorreva il virus piuttosto che anticiparne le mosse. Quando abbiamo proposto la quarantena per chi tornava dalla Cina siamo stati tacciati di razzismo; quando abbiamo chiesto il lockdown ci hanno accusato di fare propaganda: alla fine si è visto chi aveva ragione. Anche sulle riaperture il governo ha seminato caos, con la balzana idea di basarle sui codici Ateco, mentre noi chiedevamo protocolli di sicurezza. Alla fine hanno dovuto starci a sentire, ma ancora una volta troppo tardi: a 48 ore dalla riapertura il Presidente del Consiglio si è presentato all’ennesima conferenza stampa senza i protocolli di sicurezza pronti. Una furia comunicativa associata a cialtroneria che in questi mesi ha prodotto danni micidiali».
E oggi non dovremmo essere tutti uniti per il bene del paese come ha chiesto Mattarella? «Noi vogliamo dare voce a milioni di Italiani dimenticati dal Governo Conte. Il Capo dello Stato ci aveva chiesto unità e noi di Fratelli d’Italia abbiamo offerto collaborazione. Abbiamo presentato integrazioni sensate al decreto Cura Italia, ma l’unico nostro emendamento approvato, è stato l’inserimento di Brescia tra le realtà più colpite. Tutte le altre proposte sono state falcidiate. Non erano idee peregrine: molte, dopo averle bocciate, sono state inserite nel maxi emendamento come fossero proposte del Governo. Invece, Conte è andato in televisione a fare “nomi e cognomi”, come si conviene a un fan del Grande Fratello, e da quel momento si sono interrotte le comunicazioni. Ciononostante, abbiamo votato lo scostamento di bilancio. Ma stiamo ancora aspettando un confronto serio su come spendere le risorse che abbiamo contribuito a trovare».
Cos’è che non va nelle misure adottate dal Governo? «Conte ha a disposizione ingenti risorse: 80 miliardi. Finora le ha utilizzate male. Ad oggi molti lavoratori hanno ricevuto il loro ultimo stipendio a fine febbraio e moltissimi datori di lavoro hanno anticipato di tasca loro la cassa integrazione. Solo il 20% di chi doveva ricevere la CIG l’ha incassata dall’INPS. Avevamo presentato emendamenti al Cura Italia per snellire le procedure, ma inutilmente. Senza dimenticare la bufala dei 400 miliardi immediatamente disponibili del Decreto Liquidità del 7 aprile».
Lei cosa avrebbe fatto al posto di Conte? «Primo, sostenere gli imprenditori che non gettano la spugna. Faccio un esempio: tra le nostre proposte c’era la possibilità, per chi non ricorresse alla CIG pur avendone diritto, di ottenere un contributo pari all’80% dell’importo risparmiato dalla Stato. Secondo, favorire la libertà d’impresa: basta burocrazia e oppressione fiscale. No a scontrino elettronico, ISA, tetto al contante, decreto dignità, codice degli appalti. Bisogna sospendere tutto. E poi unificazione degli anni fiscali 2019 e 2020, con rinvio di tutti i pagamenti a dicembre 2021, compensando utili e perdite del biennio. Terzo, rilancio degli investimenti pubblici, fondo per la ripresa, semplificazione delle procedure e sblocco dei cantieri».
L’impressione è che questo governo, a parte le misure a pioggia per le marchette clientelari, abbia dato un impianto al provvedimento che paretianamente potremmo definire 2plutocrazia demagogica in salsa sudamericana”: abolizione dell’IRAP e cassa integrazione per sostenere la grande industria e reddito universale per chi sta peggio. Nel mezzo poco o niente: senza una politica che rilanci il reddito da lavoro il ceto medio rischia di scomparire… «Sembra che questo disegno si vada realizzando: un’ampia platea di sussidiati che dipendono dalle elargizioni del governo e alcuni grandi player non italiani che dominano il mercato. In mezzo, quel grande popolo di artigiani, commercianti, agricoltori, professionisti, piccoli imprenditori, partite Iva, spazzati via senza una prospettiva diversa dal pietire l’ennesimo prestito in banca. Noi ci opporremo finché potremo alla distruzione e alla umiliazione sistematica del ceto medio e della piccola impresa».
C’è chi dice che è arrivato il momento di pensare a una nuova IRI. Lei è d’accordo? «La crisi ha archiviato alcuni paradigmi. Il globalismo ideologico, come un certo ultraliberismo, escono molto ammaccati. Siamo consapevoli che senza Stati che investano in servizi pubblici e Nazioni in grado di difendere i propri interessi economici, non si va lontano. Ma io per cultura mi fido dell’impresa, che deve operare in un mercato regolamentato, ma senza un controllo sovietico da parte dello Stato».
Cosa preferirebbe? «Più che di partecipazioni statali, abbiamo bisogno di uno Stato che difenda le sue aziende strategiche dalla concorrenza sleale e dalle scalate ostili dei concorrenti esteri. Per questo siamo stati i primi a chiedere di estendere il golden power».
E poi? «Va preservata la competitività delle aziende. Lei sa che su quasi 2mila miliardi di aiuti di Stato autorizzati dalla Commissione Europea più della metà li darà la Germania alle sue imprese mentre noi siamo fermi al 15%? Il giorno dopo la crisi tedeschi francesi e cinesi torneranno alla carica per accaparrarsi le nostre eccellenze. Pare non interessi a nessuno, a parte noi».
Fratelli d’Italia è molto critica verso l’UE… «Purtroppo il governo italiano non ha fatto valere a pieno la sua forza contrattuale ai tavoli europei. Dopo Brexit, l’UE non può permettersi l’uscita dell’Italia, eppure continuiamo a chiedere a Bruxelles misere concessioni. All’Eurozona e all’Italia servirebbe una BCE che faccia ciò che fanno le banche centrali: acquisto illimitato di titoli di Stato. Francoforte invece ha un tetto: 750 miliardi di euro. Non è questa la strada. C’è bisogno di BOT patriottici a lunghissima scadenza rivolti ai risparmiatori italiani, con la garanzia che quelli non venduti sul mercato vengano acquistati dalla BCE. Sono convinta che l’Italia abbia la forza per imporre questa linea».
Molti ritengono che l’Italia sia in questo momento un campo di battaglia in cui le potenze globali si confrontano e si scontrano e la Cina sembra essere interessata a mettere piede da noi, dove ha vari sostenitori. Che ne pensa? «La Cina ha gravi responsabilità per aver taciuto inizialmente la gravità dell’emergenza. Ora è impegnata in una subdola operazione di soft power: l’invio di aiuti al resto del mondo serve ad ampliare la sua sfera di influenza. L’assenza di Ue e Nato le ha lasciato spazio, tanto più che Di Maio sembra essere il ministro degli Esteri di Pechino più che di Roma. La Via della Seta è un piano di espansionismo economico che si allarga al digitale e alla sanità. Lo considero una potenziale minaccia su cui vigilare».
Molti diritti civili e costituzionali sono stati compressi. Tira una brutta aria per chi esprime posizioni non allineate. Democrazia e libertà di espressione sono in pericolo? «È un rischio tipico delle situazioni di emergenza, ma in Italia si è andati oltre, perché alle restrizioni si è aggiunta la propaganda del governo, una comunicazione confusa, le dirette Facebook di Conte a reti unificate in cui di volta in volta si diceva agli italiani “vi concediamo o non vi concediamo…”. Non mi piace questa immagine dell’uomo solo al comando e non mi piace vedere ristoratori e commercianti multati mentre protestano distanziati e con mascherina».
Il suo partito si è sempre espresso a favore del ritorno al voto, non crede però che pur di salvare il paese possa essere utile un governo di unità nazionale? «No. Da questo Parlamento non ci si può aspettare nulla di buono, non ci sono e non ci saranno mai maggioranze coese. L’Italia va ricostruita e per farlo serve un governo autorevole, con una chiara visione economica e che sia scelto dagli italiani».