L’intervista di Alessandro De Angelis
Giorgia Meloni, è un grande classico scrivere un libro (Io sono Giorgia, Rizzoli) nel momento di consacrazione della propria leadership, la novità è che lei sceglie in alcune parti un registro molto intimo: la decisione di sua madre di rinunciare all’aborto, il non rapporto con suo padre. Perché questa scelta? Da tempo mi sono accorta che in diversi parlavamo di me come persona e non solo come politico, anche conoscendomi molto poco. Allora ho pensato che fosse arrivato il momento che a parlare di me fossi io stessa, anche sotto il profilo personale.
All’americana. Non lo so se è all’americana. E non so se ci sono riuscita, ma il mio intento non era né un’autobiografia, né un manifesto politico della destra. Ma un diario con il quale cerco di raccontare chi sono, anche attraverso fatti belli o amari, e far capire a chi mi segue chi hanno davanti.
Lei scrive: “È un libro per fissare quello che sono: abbastanza avanti per poter incidere, ma non ancora libera dal rischio di perdermi”. Cosa intende per rischio di perdersi? Il potere è una sorta di maledizione dalla quale nessun uomo è immune. Ci sono grandi romanzi che parlano di questo. Uno su tutti è il Signore degli Anelli di Tolkien.
Le fa un po’ paura l’abbraccio con il potere? Se capisco è un rapporto controverso, non ha quell’eccitazione tipica maschile. Ognuno di noi può essere corrotto dal potere, non c’è bisogno di essere qualcuno con grandi responsabilità. È importante riuscire a trovare delle contromisure a questo pericolo. Ecco perché ho scritto il libro: è come una guida per non tradirmi e non tradire chi ha fiducia in me.
Lei scrive anche che “il sistema non l’ha cambiata”. Stessa tigna, umiltà, spigolosità, stessa paura di sbagliare, stessa coerenza, sin da quando entra in sezione. Bene, il sistema non l’ha cambiata, ma lei cosa ha cambiato del sistema? È una bella domanda, non è facile rispondere e forse non sono io la più idonea a farlo. Di certo, mi piace ricordare ad esempio che se non ci fosse stata Fratelli d’Italia avremmo avuto una duplice anomalia: avere l’unico presidente del Consiglio non passato né direttamente né indirettamente per le elezioni e l’unica democrazia occidentale senza opposizione.
Scusi la battuta: mi si nota più se entro o se resto fuori dal governo Draghi? Scelta tattica perfetta, Salvini dentro, lei fuori a prendergli i voti dei suoi delusi. Peccato che scommette sul fallimento del governo e sul default del paese. Eh no. Lei la chiama tattica, io coerenza: esiste davvero chi non è disposto a rinunciare alle proprie idee per una poltrona. E questo nel sistema italiano – Prima, Seconda e Terza Repubblica – credo sia una vera e propria anomalia. Ma scusi: in un tempo nel quale tutti i partiti sono foglie al vento, si può considerare un valore aggiunto avere piedi a terra e rispettare la parola data?
Stiamo ancora sulla sua biografia. Da giovane racconta di aver subito episodi di bullismo, quando le dicono “A Cicciona? Tu non puoi giocare”. Da adulta si è sentita discriminata, quando Bertolaso, appreso che lei aspettava una bambina, disse: “Meloni deve fare la mamma”. E si candidò a Roma. Perché, essendo sensibile al tema, è contraria a una legge come la legge Zan contro la discriminazione? Oggi posso dire che ringrazio quei bulli che da ragazzina mi hanno dato della cicciona, perché sono stati utili. I nemici sono utili perché sono un po’ una spinta a superare i propri limiti. Ne ho parlato in Aula quando si discuteva esattamente del ddl Zan. Il collega diceva di volere questo provvedimento perché lui, da bambino, era stato vittima di bullismo in quanto omosessuale. Anch’io sono stata vittima di bullismo, e sono etero.
Appunto. Appunto non tanto, perché la nostra Costituzione già condanna ogni discriminazione per sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. Formula che a me sembra comprendere già tutto, inclusa l’omosessualità. Stilare un elenco più specifico diventa un’operazione pericolosa. Finirebbe, giocoforza, per escludere chi non è espressamente tutelato da norme specifiche, in un meccanismo che potrebbe non avere fine: è più grave insultare una donna o un gay? Un gay o qualcuno di colore? Un nero o un disabile? La discriminazione e discriminazione, punto.
Esiste ancora però una questione femminile. Lei ce l’ha fatta, anche in un partito maschilista come An, e porta questo come esempio che non servono quote. Però deve ammettere che anche la legislazione, penso ad esempio a quello che fu la legge Mosca-Golfo, ha aiutato la parità uomo donna. Crede che la legislazione italiana vada bene così come è? A destra non mi sono mai sentita discriminata e non è un caso che sia solo la destra ad esprimere l’unico segretario donna di un partito italiano ed europeo. Se stabilisci delle quote prescindi dal valore delle persone e ottieni solo un livellamento verso il basso. Compito della politica è mettere le donne nelle condizioni di competere ad armi pari con gli uomini. Però, mi consente una battuta: siete un po’ curiosi a parlare di diritti delle donne e contestualmente a sostenere il ddl Zan.
Non ho capito la battuta. Il ddl Zan rischia di spazzare via secoli di conquiste femminili. La teoria gender portata all’estremo finirà per discriminare soprattutto le donne e negare le conquiste che le donne hanno raggiunto in tanti anni. Lo stiamo vedendo benissimo nel mondo dello sport: in Australia, un atleta uomo di pallamano è diventato donna e ora gioca nella nazionale femminile. Pesa cento chili per un metro e novanta. Secondo voi è giusto per le atlete biologicamente donne? E pensate quando alle Olimpiadi i transgender potranno partecipare alle gare femminili. Una follia che crea cortocircuiti assurdi, come l’Arcigay che chiede di espellere Arcilesbica, perché rea di rivendicare la specificità femminile. Apprezzo molto il coraggio di quelle femministe, come Marina Terragni, che vanno controcorrente e hanno la forza di denunciare tutto questo.
Lei è il primo segretario donna, ed è un classico esempio di rinnovamento all’interno di un partito. Ora lei e Salvini discutete, per città, di volti del berlusconismo di dieci e vent’anni fa: Bertolaso forse, Albertini pare aver detto di no. Riconosce come un suo limite il non aver creato una classe dirigente? In realtà no, perché Fratelli d’Italia ha già una solida classe dirigente: esprime già due governatori, Marco Marsilio in Abruzzo e Francesco Acquaroli nelle Marche, ed esprimiamo una moltitudine di sindaci molti dei quali giovani, gran parte dei nostri agguerriti parlamentari arriva da quella che viene la generazione Atreju, gente che ha 40 anni.
Però su Roma e Milano, che hanno un valore nazionale, siete in difficoltà. Quando parlo di classe dirigente, parlo non solo di politici, della capacità di coinvolgere imprese, categorie, civismo. Nessuna difficoltà, siamo perfettamente in tempo e più compatti di quanto lo sia il centrosinistra. Certo, non mancherebbero i volti nuovi per esprimere le candidature anche nelle grandi città. Noi però siamo un partito serio: non ci interessa solo vincere o immaginare di mandare qualcuno a fare il tirocinio da Sindaco, come hanno fatto ad esempio i grillini a Roma. Ci interessa che alla guida delle città vadano persone con esperienza e in grado di fare bene il lavoro dell’amministratore locale.
Insisto, questo è un limite dei partiti personali, rispetto a partiti strutturati. C’è il capo e il consenso, in mezzo poco altro. Cosa sarebbe Fratelli d’Italia senza di lei? Non crede che compito di un leader sia anche creare un partito in grado di sopravvivergli? Sono pienamente d’accordo. Fratelli d’Italia non è un partito vincolato a Giorgia Meloni. È vero che nell’epoca della comunicazione il consenso è in gran parte legato al leader ma FdI è un partito che raccoglie una lunga eredità e porta con sé una vasta profondità di idee, di valori e classe dirigente. La struttura rimarrebbe solida anche senza di me. Certo, in una prima fase avrebbe bisogno di far emergere una nuova leadership condivisa e un volto conosciuto dagli italiani, ma un partito vero non è legato al destino del suo capitano.
Lei non ama le domande su Salvini, ma una delle novità politiche di questa fase è la competizione a destra e il suo possibile “sorpasso”. Se dovesse accadere pensa che il leader della Lega accetterebbe una coalizione guidata da una donna, come lei accettò la sua di leadership? Non amo questo continuo tentativo di rappresentare una contrapposizione. Nel centrodestra siamo sempre stati molto chiari e trasparenti su questo: il leader del centrodestra lo esprime il partito che alle elezioni prende più voti. Vale dai tempi di Berlusconi, Bossi e Fini e questa continua ad essere la regola. Quando andremo a votare il partito che prenderà maggior numero di voti sarà quello che esprimerà il capo del Governo, Presidente della Repubblica permettendo.
Insomma, come ha detto in tv, si sente pronta per palazzo Chigi. E pensa che siano pronti anche gli altri a sostenerla. Saranno gli italiani a decidere dove arriverò. In ogni caso, credo che sia un discorso prematuro da fare adesso.
Ma con Salvini avete ricominciato a parlarvi? Ci siamo sempre parlati. Cosi come avviene tra forze politiche alleate.
Non è vero, ma non ho le prove né lei me le darà. Però è vero che lei fa di tutto per metterlo in difficoltà: presenta una mozione la settimana sul coprifuoco, la mozione di sfiducia a Speranza… Noi stiamo cercando di fare soltanto il nostro compito di opposizione. Anche la Lega la presentò nei confronti dell’ex ministro Azzolina, ed era un’iniziativa giusta. Così come era giusto per la Lega, quando era all’opposizione, presentare mozioni per rivendicare le proprie posizioni politiche. Sono gli strumenti della democrazia parlamentare. E poi, mi permetta, non siamo noi a mettere in difficoltà il centrodestra che ha scelto il governo. È Draghi che pare privilegiare la sinistra. E il Pd che vuole stravincere e passa la giornata a insultare Salvini.
Eppure in parecchi denunciano lo strapotere di Salvini nel governo, che ad esempio ha influenzato la politica delle riaperture. Non è così? Sulle riaperture Draghi è più rigido di Conte…
Prego? Conte, proprio l’anno scorso di questi tempi, aprì di più. Invece siamo ancora sottoposti all’incostituzionale coprifuoco, a chiusure arbitrarie disposte dal governo, a limitazione delle libertà dei cittadini e delle attività di imprese. Tutte cose che ovviamente il centrodestra non condivide ma che è costretto a subire perché i numeri ce li hanno Pd e M5S.
L’obiezione è semplice: se fosse entrata anche lei, avrebbero avuto più peso le vostre ragioni. È facile stare fuori a protestare, mentre uno dentro prova a ottenere delle cose. O no? I numeri dicono un’altra cosa rispetto alla sua un’opinione. I numeri dicono che M5S e Pd hanno la maggioranza anche rispetto al centrodestra unito. Anche se la percezione di FdI è quella di un partito molto forte perché è così nel consenso degli italiani. In Parlamento contiamo solo il 5 per cento e non avremmo cambiato di una virgola i rapporti di forza. Stando all’opposizione, abbiamo la libertà di denunciare le cose che non vanno. Come ad esempio le limitazioni delle libertà. E con la nostra libertà possiamo aiutare il centrodestra a contare di più nel governo.
Lei ha proposto incontri periodici a Draghi, “nel rispetto delle rispettive posizioni”. Il premier le ha risposto? Non ancora. Mi auguro lo faccia. Credo che un incontro periodico con l’opposizione sia utile anche al governo.
Se lo incontrasse domani quali priorità gli sottoporrebbe? I punti della mozione “riaperture e libertà” che abbiamo presentato in Senato non più di qualche giorno fa: via il coprifuoco; no all’obbligo delle mascherine all’aperto se distanziati; no ai limiti per le visite a casa di parenti e amici se fatte in sicurezza; riaperture di tutte le attività commerciali, sportive e culturali in sicurezza. E poi c’è il tema del nuovo regolamento dell’Autorità bancaria europea, che prevede che si possa essere segnalati alla centrale rischi con uno scoperto di poche centinaia di euro. Quando finirà la moratoria sui debiti rischieremo che milioni di famiglie e imprese non potranno più accedere al credito. Le pare normale in una situazione come questa?
Salvini lo ha già proposto per il Colle, lei lo voterebbe? È presto per dirlo, non abbiamo gli elementi per una valutazione complessiva. Certamente, a suo vantaggio c’è il fatto che Draghi al Quirinale significherebbe votare immediatamente.