L’intervista di Lorenzo Giarelli
Ancora fino a un paio di giorni fa, gli alleati hanno provato a convincerla. Alla fine però Giorgia Meloni resterà all’opposizione del governo Draghi, marcando una differenza con Lega e FI che per la leader di FdI è questione “di rispetto del mandato degli elettori”.
Giorgia Meloni, all’opposizione siete rimasti da soli. «Soli rispetto al mainstream, ma non rispetto ai cittadini. Molti sono indispettiti dall’idea che l’Italia debba sempre essere una democrazia sotto tutela. C’è la pandemia, certo, ma come continuiamo a fare molte cose che giustamente riteniamo necessarie, potevamo anche votare».
Che effetto le ha fatto vedere il vertice tra Salvini e Berlusconi? Dobbiamo abituarci a un centrodestra a due gambe? «No, il centrodestra è una realtà plurale nella quale c’è chi la pensa in maniera diversa. Non penso che qualcuno voglia arrogarsi il diritto di rappresentare tutta la coalizione ed è normale che Salvini e Berlusconi si siano incontrati anche solo per concordare una linea e, credo, per difendersi dal fatto che la maggioranza con Draghi ce l’avrà comunque l’asse M5S-Pd».
Lei crede alla svolta europeista di Salvini? «Non intendo polemizzare con gli alleati e rispetto le loro scelte, così come chiedo rispetto per le mie. Se qualcuno è convinto delle sue idee è bene che utilizzi il suo tempo a difenderle e non a sindacare quelle degli altri, per cui preferisco spiegare la mia scelta che giudicare quella degli altri».
Lei però propose a entrambi un patto anti-inciucio e Salvini è già al secondo governo diverso in questa legislatura. Glielo ha mai ricordato quel patto? «No, anche perché negli ultimi giorni non ci siamo sentiti. Ma quel patto non serve come garanzia nei miei confronti: in politica ciascuno si assume le proprie responsabilità esclusivamente di fronte ai cittadini».
Non sarà imbarazzante tornare insieme in campagna elettorale? «Siamo una coalizione che sta insieme per scelta, perché le nostre idee sono compatibili. Non sarà questa fase a dividerci, confido che resteremo compatti alle Amministrative e che, se gli italiani vorranno, governeremo insieme il Paese».
I vostri deputati raccontano di manovre per coinvolgervi in maggioranza. «Il tentativo di convincerci c’è stato, nel centrodestra e non solo. Berlusconi ancora due giorni fa si diceva convinto di “farmi ragionare”, prima di lui Giovanni Toti, ma anche molti altri, sicuri che avremmo cambiato idea, ma chi ci conosce sa che su queste cose abbiamo una parola sola. Credo che la democrazia si sostanzi se si mantiene la parola data: se non mi sento vincolata alle promesse che ho fatto, allora la democrazia a cosa serve? Perché la gente vota, se poi con il voto ognuno ci fa quello che gli pare?»
Questa però è una domanda anche per i suoi alleati. «È una questione che vale per tutti. Rispettare gli impegni è un valore, d’altronde solo FdI in passato non aveva appoggiato governi con Pd o M5S».
L’ipotesi di un governo Draghi c’era da tempo. Aveva la sensazione si potesse concretizzare? Non mi sono mai posta il problema, quando la politica si interroga su scenari non attuali mi sembra si scolleghi sempre dalla realtà. Mi sembrava stessimo sulla Luna. Che poi in Italia ci sia sempre l’idea di cercare soluzioni creative per impedire ai cittadini di votare, non è una novità».
È ipotizzabile che FdI si astenga sul governo Draghi? «Questo lo valuteremo alla fine, sulla base del perimetro del governo e del programma, di cui finora si è capito solo qualche titolo. Di certo, non voteremo la fiducia. E, voto contrario o astensione, dall’opposizione, non avremo preconcetti e se ci saranno provvedimenti che riteniamo giusti li voteremo, come fatto in passato coi decreti sicurezza o col taglio del numero dei parlamentari».
Però con Conte i toni dello scontro erano alti. Questa volta sarà diverso? «Chi fa politica sa che il destino del dialogo tra maggioranza e opposizione dipende molto più dalla maggioranza. Con Conte a favore di telecamera ci veniva proposto il dialogo, poi però si cestinava ogni nostra proposta. Erano loro stessi a distruggere ogni possibile confronto. In ogni caso la figura di Draghi non è uguale a quella di Conte».
In Francia la destra di Marine Le Pen avanza nei sondaggi. Farà bene anche a FdI stare all’opposizione? «Il paragone con Le Pen non è proprio attinente. Quel che conta però è che io non scelgo in base ai consensi, ma in base a ciò che ritengo giusto. Io non scommetto certo sul fallimento di Draghi, non mi interessa se ci porterà dei vantaggi stare all’opposizione, ma credo che il nostro vantaggio sarà quello di dimostrare di aver mantenuto la parola data e di cercare l’interesse degli italiani. In politica, invece, ormai tutti dicono tutto e il contrario di tutto».