di Simone Canettieri
Giorgia Meloni, Villa Pamphilj è la sede istituzionale del governo, perché non andrà all’evento organizzato dal premier Conte? «Non mi risulta che la sede del Parlamento italiano sia stata spostata a Villa Pamphilj, Gli Stati generali della Repubblica sono la Camera e il Senato e se Conte intende dialogare con noi può venire in Parlamento. Da sempre siamo disponibili al dialogo. Lo dimostrano le nostre centinaia di proposte, ma in luoghi e occasioni istituzionali».
Nella scelta della location vede anche un messaggio sbagliato agli italiani? «Di sicuro non ci prestiamo alle passerelle a favore di telecamera in sfarzose ville di rappresentanza, soprattutto mentre milioni di italiani rischiano il posto di lavoro. E poi c’è un problema di merito: in Parlamento si discute il decreto rilancio, 55 miliardi di euro spesi in deficit che ipotecano il futuro dei nostri figli. Conte dice che non si parla di questo, il che significa che anche stavolta tutte le nostre proposte saranno probabilmente cestinate. DÌ cosa dovremmo parlare, dunque?».
Ammetterà che voi, Lega e FI avete avuto in questi giorni posizioni diverse e ondivaghe: qual è la linea dunque? «Non mi pare proprio che sia così . Abbiamo tutti detto che avremmo preso una decisione comune è così è stato, senza alcuna difficoltà. Siamo una coalizione, non un unico partito: discutiamo e abbiamo sensibilità diverse ma sappiamo sempre trovare una sintesi. A differenza di quello che succede nella maggioranza di governo, divisa su tutto, Stati generali compresi. Perché in fondo anche chi ha un briciolo di lucidità nella maggioranza si rende conto che l’Italia ora non ha bisogno di un governo che appaia, che sfili o che si metta in posa per le foto, ma di uno che faccia le cose».
Se Conte vi dovesse convocare aPalazzo Chigi? «È già successo e non ci siamo mai tirati indietro, portando sempre al tavolo proposte concrete. Ma nessuna di quelle proposte è stata ascoltata».
Cosa le piace del piano Colao o è un libro dei sogni? «Difficile dare un giudizio complessivo perché nel piano ci sono cose che condivido e che FdI ha già proposto mesi: la sospensione del decreto dignità e la reintroduzione dei voucher, e altre che non capisco assolutamente, come la crociata ideologica al contante e la proposta di tassare i prelievi al bancomat. Questa task force ha lavorato in modo del tutto scollegato dal Governo».
Cioè? «Ancora non è ben chiaro il perché sia nata, come si sia relazionata con il governo e che fine farà il suo lavoro. Conte ha nominato una serie infinita di esperti sulla ripartenza, poi quando le indicazioni sono arrivate le ha cestinate e ha convocato gli Stati generali con altre persone. Navigano a vista».
Nel centrodestra e nel suo partito c’è l’idea di mettere insieme le menti migliori del Paese, e non solo, per presentare un piano di rilancio? Il centrodestra organizzerà i suoi Stati generali? «Fdi ha già fatto un grande lavoro di ascolto e di confronto con le categorie produttive, le associazioni, le famiglie e da quel lavoro è nato il corposo pacchetto di emendamenti che abbiamo presentato al dl-rilancio. Difesa dei posti di lavoro, sostegno alle imprese e ai lavoratori autonomi, aiuto a famiglie e persone in difficoltà, sblocco degli investimenti per grandi e piccole opere, taglio della burocrazia».
Resta il fatto che in Italia è davvero impossibile immaginare che destra e sinistra collaborino o no? Anche a parti inverse sarebbe così, non crede? «Da patrioti noi non ci siamo mai tirati indietro e continueremo a farlo. Ma questa domanda dovrebbe rivolgere a Conte, che parla di dialogo e collaborazione mentre il suo partito, il M5S, lavora per sabotarlo».
La convocazione di Conte dai Pm è “a orologeria”? E che idea si è fatta dell’inchiesta su Nembro e Alzano? «La mia valutazione politica è che spettasse al Governo istituire la zona rossa esattamente come aveva fatto nel Lodigiano e in Veneto. Perché la zona rossa, per essere efficace, deve prevedere l’uso della forza pubblica che dipende dal governo e non dalle Regioni. E perché quella che di lì a pochi giorni venne proclamata per tutta la Lombardia non era una vera e propria zona rossa ma arancione, con limitazioni differenti. Su eventuali profili penali la lascio alla magistratura».