L’intervista di Francesco Grignetti
Si profila sempre più netta la sconfitta per Donald Trump. E già si intona il De profundis per il sovranismo. «Eh già, ma io di questi De profundis ne ho sentiti pure troppi. A sinistra hanno cominciato a cantarli prima ancora che il sovranismo nascesse. Consiglierei di aspettare a darci per morti. Siamo vivi e vegeti». Così dice una battagliera Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia.
Meloni, diamo per concluso il voto americano, anche se così non è. Si attendeva questo risultato? «Sì, sapevo che sarebbe stata una partita apertissima. Non ho mai creduto a chi dava per spacciato Donald Trump. Intanto perché ho imparato a diffidare degli analisti, che troppo spesso scambiano la realtà coi loro desiderata. Accade in America, accade da noi. E perché poi ritengo che l’amministrazione Trump abbia ottenuto risultati eccellenti nella difesa dell’economia reale. Ora, premesso che i risultati finali ancora non ci sono, se davvero vincerà Biden penso che dovrà ringraziare il Covid. Se si fosse votato a febbraio, Trump avrebbe vinto senza problemi».
Biden o Trump, il risultato è quello di un’America spaccata a metà. «Aggiungo anche di un’America dove la violenza della campagna elettorale ci dovrebbe far interrogare. Io ho una mia lettura, che capisco sia di parte: c’è una sinistra americana, ma vale anche per l’altra sponda dell’Atlantico, che ormai non ha molti argomenti validi, e lavora solo per demolire l’avversario. Trump è stato dipinto come mostro da abbattere a ogni costo. Solo che così facendo, diventano mostri anche i suoi elettori. Ho sentito Hillary Clinton definire “miserabili” gli elettori repubblicani. Ora, è possibile credere che la metà dei 160 milioni di americani che hanno votato siano tutti suprematisti bianchi, omofobi, ignoranti? O non sarà che ci sono profondi strati della società, il ceto medio impoverito, i contadini, gli operai, che si sentono più tutelati dalle politiche di Trump? Siamo al paradosso che è la destra difendere l’economia reale, la produzione nazionale, la piccola e media industria. Anche la questione razziale, con il “Black lives matter”, pare che sia stato un problema dell’ultimo presidente, e non una storia che viene da lontano».
Insomma, intende dire che il sovranismo è in salute nonostante tutto? «lo dico che i nostri temi sono sempre più vivi. Le nostre tesi, vincenti. E la sinistra, che ha sposato le politiche della globalizzazione, del mondialismo, della finanza, dell’immigrazione, delle frontiere aperte, a non rendersi conto dei problemi della gente. Ma devo dire che persino loro, pian piano, si stanno avvicinando a noi. Ho fatto un salto sulla sedia quando ho sentito il presidente Macron, da cui mi divide quasi tutto, usare parole d’ordine sovraniste e sostenere la necessità di autosufficienza produttiva francese ed europea delle filiere strategiche. Ora Luciana Lamorgese parla perfino di un dispositivo aero-navale da dispiegare al largo della Tunisia: che cos’è se non il blocco navale in accordo con le autorità locali di cui parliamo noi da anni? Detto questo, è normale che in una democrazia dell’alternanza una volta vinci, un’altra perdi».
Resta il fatto che voi sovranisti, se Biden vincerà, sarete disallineati sia con Washington, sia con Bruxelles. Non è un problema? «Premesso che mi sento disallineata da sempre, che cosa vuole dire essere allineati? Quando sono state stabilite le quote del Recovery Fund ci è stato detto che avevamo ottenuto molto grazie alle credibilità in Europa del governo Conte bis. Ora, a parte che è un’idiozia, perché i criteri sono ancorati a parametri oggettivi, tipo il reddito pro capite, tasso di disoccupazione o il calo del Pil, e semmai l’unico merito della sinistra è di aver devastato negli ultimi dieci anni l’economia italiana, ma poniamo per un attimo che questo sia vero: è normale che l’Europa ci dia i soldi solo se c’è un governo gradito?».