Il presidente di FdI: “Non governo con Pd e M5S: è una promessa fatta agli italiani”
L’intervista di Antonio Rapisarda
«Non governo con Pd e 5 Stelle. È una promessa fatta a tutti gli italiani che ci sostengono e una regola che vale pure se il premier è Mario Draghi: del resto, da persona seria qual è, non ha cercato minimamente di convincermi. Si è messo all’ascolto. Atteggiamento garbato e apprezzabile: il punto, però, è che non abbiamo avuto ancora modo di capire bene che cosa intenda fare lui. E purtroppo sappiamo perfettamente che cosa hanno già fatto le forze della precedente maggioranza, candidata oggi a governare con lui». Giorgia Meloni è l’unica ad aver rifiutato ciò che sembra “inevitabile”: il governo di unità, di ispirazione quirinalizia, sotto l’ombrello dell’ex presidente della Bce
Onorevole Meloni, perché a suo avviso l’esecutivo Draghi non è inevitabile? «Perché se il Covid è stata una catastrofe imprevedibile, ciò che avrebbero fatto i governi Conte – e la versione bis in particolar modo era annunciato a caratteri cubitali. Siamo arrivati qui solo per questo motivo; per l’incapacità strutturale di Conte, Pd, 5 Stelle e Renzi di affrontare l’ordinario, figuriamoci lo straordinario. Il tutto, oggi come ieri, è espressione di questo Parlamento ridotto al grado Ciampolillo; lo stesso, piaccia o no, con cui dovrà interfacciarsi quotidianamente Mario Draghi»
Ma davvero pensa che un uomo che ha fatto fronte alla crisi dell’euro possa sottostare alle fisime dei giallo-fucsia registrate ieri su perimetri, ministeri e pseudo-posizionamenti? «Il livello del premier incaricato è fuori discussione. Ma forse stavolta a qualcuno non farà comodo. Siamo una Repubblica parlamentare ed è in Aula che le proposte, anche le più ambiziose e condivise, devono passare. Per questo mi auguro che emerga presto e con chiarezza, prima possibile, la sua agenda. Perché fatico a immaginare che si possa fare sintesi fra flat tax e la patrimoniale, fra gli investimenti per le infrastrutture e i sussidi a pioggia su cui si è retto il “patto” fra i giallo-fucsia».
Su Libero glielo abbiamo riconosciuto: ci voleva una donna per dire “no” all’uomo più potente d’Italia. «Sono una donna, vero, ma rappresento una comunità nata proprio dall’affrancamento da certe dinamiche che rischiano di contemplare la sovranità popolare a targhe alterne: valida in tempo di pace, sempre che non vinca il centrodestra, sospendibile a quanto pare nei momenti complicati. Da Monti a Draghi insomma, con tutte le differenze, il filo rosso esiste. Per me invece, lo ripeto da giorni, l’Italia non è una democrazia di serie B: gli italiani sanno come si compone un governo all’altezza del momento. E le urne sono l’unico sistema per realizzarlo, Interessa ancora la loro opinione?».
Eppure i sondaggi dicono che non vi è tanta voglia di votare. E il gradimento per il governissimo cresce. «E si stupisce? La “beatificazione” a reti e redazioni quasi unificate nei confronti di Draghi penso che stia mettendo in imbarazzo lui stesso. Il primo effetto concreto, però, si avrà con la “foto” del nuovo consiglio dei ministri: con Conte, Di Maio, Speranza in bella vista. O una squadra di tecnici al loro posto. E poi con le prime scelte che verranno fatte: perché non esistono opzioni tecniche, tutto è politica, È tecnica la decisione di “convivere con” e non subire il Covid? È tecnica la scelta che si dovrà fare davanti alla ripresa degli sbarchi? I cittadini avranno presto un quadro più chiaro».
I detrattori dicono: Meloni così tifa per il tanto peggio, tanto meglio per lei. «Obiezione respinta. Fratelli d’Italia è il partito che in questi due anni e mezzo di opposizione ha sostenuto, nell’esclusivo interesse del “tanto meglio per l’Italia”, tutti i provvedimenti necessari: dai decreti sicurezza al taglio dei parlamentari fino agli scostamenti di Bilancio per alleviare la sofferenza sociale causata dal lockdown. Continueremo a fare esattamente Io stesso se dovesse arrivare il governo Draghi. L’ho ribadito pure alle consultazioni: le proposte di Fdl arriveranno sul suo tavolo, E sono fiduciosa che non si ripeterà lo stesso atteggiamento di Conte: l’indifferenza non tanto nei nostri confronti quanto alle ricette pensate per il bene del popolo».
Matteo Salvini ha speso parole di miele per Draghi; «Condivisione totale». «Ci possono essere una serie di motivi per i quali Salvini e la Lega hanno reputato più vantaggioso sostenere Draghi che non porsi con noi all’opposizione, come sarebbe più naturale e probabilmente più affine al loro elettorato. Non entro nelle loro dinamiche perché la caratteristica di Fdl è sempre stata quella di non fare tatticismi ed essere molto chiara sul no a ogni forma di inciucio».
L’endorsement così spinto del Carroccio ha scatenato il panico sia nel Pd che nei Cinque Stelle. Un eventuale rimescolamento delle carte – come viene ventilato – potrebbe rimettere il centrodestra al centro? «I numeri in Parlamento li ha il centrosinistra. C’è una ragione per la quale il centrodestra non sta governando in questa legislatura e l’hanno governata, nell’ultimo anno e mezzo, Pd e 5 Stelle: hanno la maggioranza. Che Fdl entri o meno nel governo, vinceranno sempre loro. Indovinate soprattutto dove? Sulle questioni dirimenti, come l’immigrazione. Il governo dirà: “Mi rimetto all’Aula”? E chi vincerà? Pd e M5s. Stare all’opposizione, invece, costringe il governo a mediare. Per questo è molto più significativo e utile alle idee del centrodestra che Fdl stia fuori. A maggior ragione, aggiungo, se è vero che Mario Draghi ha il 70% di gradimento da parte degli italiani. Che facciamo con il restante 30%? È giusto che trovino una rappresentanza in Parlamento o sono tutti extraparlamentari? A mio avviso credo che sia doveroso dare rappresentanza a quella parte di cittadini, non solo di centrodestra, che non sarà d’accordo con tutte queste forzature».
Forza Italia da parte sua si sente già dentro il governo Draghi. Adieu centrodestra? «Le scelte dei partiti sono sempre sovrane e libere. Quella di Silvio Berlusconi è una posizione già ampiamente prevedibile e da tempo prefigurata. Perché il centrodestra esista è necessario allora che qualcuno presidi il campo rifiutando di mescolarsi con la sinistra, ed è quello che faremo noi. Quando questa esperienza finirà, gli alleati troveranno chi ha continuato a lavorare per assicurare agli italiani quel governo autorevole che chiedono i loro stessi elettori».
Resta l’inquietudine di oggi, quella dei ceti produttivi. Terrorizzati dall’idea di far gestire i miliardi europei da Conte e Gualtieri, anche loro guardano al governo del Presidente. «Capisco benissimo gli imprenditori, gli artigiani e i commercianti che oggi, ridotti in condizioni disperate per l’inefficienza di Conte, sperano in Draghi. Abbiamo grande rispetto per la loro sofferenza – perché noi la conosciamo – ma purtroppo il nostro compito non è quello di donare false speranze ma spiegare, da sentinelle, che anche Draghi con la sua autorevolezza potrebbe non essere messo nelle condizioni di fare ciò che serve».
Perché? «Perché la golden share del nascituro governo è proprio in mano ai nemici dei ceti produttivi. Anche se non resterei stupita dal fatto di scoprire che i 5 Stelle – partito del reddito di cittadinanza – con la “cura Draghi” si trasformino in un partito attento agli umori della finanza. Detto ciò, proprio tanti imprenditori temono l’introduzione di nuove tasse e restrizioni fra le condizioni celate sotto la voce “riforme” legate al Recovery fund. I piccoli imprenditori devono sapere, però, che saremo la loro voce in Parlamento laddove anche questo governo non sarà presente: proprio come lo siamo stati per le partite Iva egli autonomi nei mesi del Conte II. Per questo il fatto che esista un’opposizione è una garanzia per tutti: lo è per Draghi, perché il partito unico è più aderente al modello cinese che all’impostazione ne anglosassone. Lo è soprattutto per tutti i non rappresentati che, mi creda, sono la stragrande maggioranza degli italiani. Quelli che danno non a caso il centrodestra unito al 50%».
Che serva un’opposizione lo dice pure Alessandro Di Battista. A quanto pare non gli resta che rivolgersi a voi. «È da mesi che dentro i 5 Stelle c’è un’inquietudine tangibile. E non mi stupirebbe che molti dopo che i loro guru hanno compiuto l’ennesima giravolta dicendo si al governo Ursula al quadrato venissero a cercarci in ragione di battaglie che il loro non-partito ha definitivamente sacrificato sull’altare delle nomine».
Onorevole Meloni, però alcuni osservatori, anche a destra, mostrano delle perplessità sul vostro “no” a Draghi. C’è chi ha parlato, con toni forti, di “sindrome delle fogne”. Lei ribatte con la riaffermazione del primato della politica? «La dignità di un mondo, fatto di idee e di valori, non si misura dal governo a cui si aderisce, a maggior ragione se questo non passa dalla via democratica che resta il fondamento di ogni destra nazionale e conservatrice che si rispetti. Da nessuna parte del mondo i conservatori, di cui sono la presidente, governano con la sinistra. Sono le lotte che si fanno da sempre, quotidianamente, lo strumento per portare avanti un’idea, una generazione e una visione del mondo. Non serve di certo Draghi o chi per lui a legittimare tesi e argomenti che hanno radici, contesto e attuabilità. E sono le elezioni il mezzo con il quale intendiamo concretizzare le idee per cui siamo nati. Mi piace pensare che siamo ancora in una democrazia».