L’intervista di Pietro Senaldi
Vincono i sentimenti, le tradizioni, l’identità. L’Unione Europea è costretta ad archiviare il folle proposito di eliminare il Natale, i nomi cristiani e le tracce della nostra religione dai suoi documenti. La presidente dei Conservatori Europei, Giorgia Meloni festeggia. Ma invita a tenere alta la guardia.
A cosa mirava la Ue raccomandando di togliere la parola Natale e i nomi di Tradizione cristiana dai documenti ufficiali? «Da tempo l’Unione europea è diventata una dei principali veicoli del “pensiero debole”. Da quando si scelse di rimuovere il riferimento alle radici cristiane dalla Costituzione è iniziata una deriva senza fine».
Come definirebbe la direttiva dei uffici burocratici europei? «Una vergogna, che come Fdl abbiamo denunciato dal primo minuto. Ma non mi ha sorpreso. Il fatto che vengano veicolate come decisioni tecniche, in qualche modo neutre, posizioni così ideologiche la dice lunga su cosa sta diventando l’Unione Europea».
La Ue sostiene che eliminare le parole cristiane dai documenti ufficiali aveva fini di inclusività. Ma davvero qualcuno può sentirsi offeso dal Natale? «Il Natale è una festa di pace e di speranza. Nessuno può sentirsi offeso da un bambino che nasce in una mangiatoia, nemmeno chi professa altre religioni. Piuttosto, la rimozione del Natale, dei suoi simboli e del suo significato ci rende più deboli nel difendere i tanti cristiani nel mondo perseguitati, per la loro fede e che la Uè ha abbandonato».
Per venire incontro alle altre culture sacrifichiamo la nostra; rinunciamo al Natale ma poi un pm che dice che se sei islamico puoi maltrattare la moglie… «È un altro tassello della nostra sottomissione culturale. Ci riempiamo la bocca di lotta contro la violenza sulle donne ma poi, se a compierla è uno straniero, a maggior ragione se islamico, quegli stessi predicatori che si stracciano le vesti contro la società patriarcale improvvisamente tacciono, E trovi pure qualche giudice che la legittima. È la solita doppia morale della sinistra».
Perché la sinistra spinge le eurofollie del politicamente corretto? «La sinistra ha sposato un’agenda politica che ha come priorità la destrutturazione di tutto ciò che ci definisce: identità, storia, confini, sesso, appartenenza culturale e religiosa. Il globalismo ha sostituito l’internazionale comunista: ieri come oggi la sinistra vede come nemici da combattere i tratti identificativi dei popoli e delle persone. In nome di questa ideologia, sostengono l’immigrazione incontrollata di massa, l’ideologia gender, le crociate contro la famiglia, identità nazionali e religiose».
E lei risponde con il “Natale dei conservatori” ad Atreju; di che cosa si tratta? «Atreju è la nostra festa, giunta alla sua ventitreesima edizione, e si terrà in Piazza Risorgimento a Roma dal 6 al 12 dicembre. Dopo due anni di sospensione dell’edizione di settembre a causa dei contemporanei appuntamenti elettorali, ritorna in una inedita versione natalizia intitolata appunto “II Natale dei Conservatori”. Sotto questo titolo dibatteremo con ospiti di altissimo livello del futuro del conservatorismo, di difesa dell’identità e centralità della famiglia, di valorizzazione delle radici cristiane e di impegno per una riforma della Ue in senso confederale e basato sui principi di sovranità e sussidiarietà».
È in corso una guerra delle parole per cambiare le coscienze dove lo strumento per sradicare le radici non è più la violenza ma il linguaggio? «Assolutamente sì. Prendete quello che sta accadendo in America, dove sull’onda dei Black Lives Matter le amministrazioni democratiche annullano le celebrazioni del Columbus Day, da sempre momento di festa per la comunità italoamericana. Ma guardate anche a cosa avviene in Italia e in Europa, dove le Poste norvegesi propongono un bacio gay tra un cinquantenne e Babbo Natale. Io non sono una bacchettona ma giuro che non mi sono mai posta il problema dei gusti sessuali di Babbo Natale. Non accetto l’imposizione del pensiero unico arcobaleno, odio le discriminazioni ma ormai siamo alla discriminazione al contrario».
C’è un’impronta dirigista e assolutista nelle decisioni di Bruxelles? «Certo, i nostri parlamentari europei mi raccontano che a ogni seduta del Parlamento si trovano a votare qualche tentativo di invadere campi e competenze che i trattati europei – non i sovranisti di destra – attribuiscono agli Stati nazionali. Non a caso i governi che in Europa si oppongono a questa deriva vengono minacciati e ricattati».
Perché secondo lei sono tornati indietro stavolta? «Intanto ringrazio la delegazione di Fdl in Europa che ha subito presentato un’interrogazione contribuendo a sollevare il caso. Credo che stavolta abbiano esagerato, speravano di farla franca come in passato ma non ci sono riusciti. Ci riproveranno sicuramente, ma questa vicenda ha dimostrato che opporsi al politicamente corretto è ancora possibile. Mi auguro che anche chi, come i Popolari europei, in questi anni è stato più timido lasciando campo libero alla sinistra, capisca che la battaglia non è persa».
Sta arrivando un nuovo ’68 peggiore dell’originale perché viene dall’alto e che mira a scardinare la cultura europea? «Il grande pensatore conservatore Chesterton ammoniva: “Fuochi verranno attizzati per testimoniare die due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate”. Ora ci siamo: le nostre spade sono metaforiche ma dobbiamo essere pronti a sguainarle».
La Ue fa battaglie inclusive ma non ci aiuta con l’immigrazione. Opportunismo, ipocrisia? «Gli immigrati sono uno strumento: di arricchimento per trafficanti e imbroglioni dell’accoglienza, di guadagno per le lobby finanziarie che hanno interesse a comprimere salari e diritti, di ricatto per autocrati come Lukashenko, di penetrazione demografica e religiosa per l’islam, di destabilizzazione sociale. L’Ue si presta al gioco e interviene solo se gli interessi tedeschi o francesi vengono messi in discussione».
Che futuro ha questa Ue, atlantista senza più Usa, sottomessa all’Islam culturalmente e arresa alla Cina? «L’Ue dell’asse franco-tedesco ha fallito. L’Italia, nel confermare un rapporto privilegiato con gli Usa, deve lavorare su una nuova collaborazione tra le nazioni dell’Europa mediterranea, con pari dignità e senza le subalternità che sembrano emergere dal trattato con la Francia, e a un rapporto proficuo col blocco di Visegrad. Che peraltro da poco annovera un nuovo premier, il ceco Petr Fiala, che con noi condivide l’appartenenza alla famiglia dei Conservatori europei. Serve più destra in Europa per mettere in soffitta burocrazia e politicamente corretto».