La leader di FdI: da noi nessuna ambiguità, non accetto lezioni dal Pd
L’intervista di Paola Di Caro
«Nel dna di Fratelli d’Italia non ci sono nostalgie fasciste, razziste, antisemite. Non c’è posto per nulla di tutto questo. Nel nostro dna c’è il rifiuto per ogni regime, passato, presente e futuro. E non c’è niente nella mia vita, come nella storia della destra che rappresento, di cui mi debba vergognare o per cui debba chiedere scusa. Tantomeno a chi i conti con il proprio passato, a differenza di noi, non li ha mai fatti e non ha la dignità per darmi lezioni».
Giorgia Meloni è un fiume in piena. Si sente al centro di manovre per screditare lei e il suo movimento: «Il “pericolo nero”, guarda caso, arriva sempre in prossimità di una campagna elettorale…». Ma sa benissimo che all’inchiesta di Fanpage, rilanciata da Piazzapulita su La7, non si può replicare solo con un assolutorio «è un complotto», perché le immagini di esponenti del suo partito che frequentano ambienti dell’estrema destra, che usano simboli, linguaggio, parole d’ordine fasciste, razziste, antisemite, perfino para-naziste sono un fardello troppo pesante per chi ambisce a governare: «Quella più arrabbiata sono io. Io che ho sempre detto “nessuno si azzardi a giocare su certe cose”, che ho allontanato soggetti ambigui, chiesto ai miei dirigenti la massima severità su ogni rappresentazione folkloristica e imbecille, anche con circolari ad hoc. Perché i nostalgici del fascismo non ci servono: sono solo utili idioti della sinistra, che li usa per mobilitare il proprio elettorato. Si è chiesta perché mentre noi marginalizziamo questa gente, la sinistra la valorizza, dandole un peso che non ha mai avuto?».
Non dirà che le vittime siete voi? «Dico due cose: immaginare che Fratelli d’Italia possa essere influenzato o peggio manovrato da gruppi di estrema destra è ridicolo e falso. E dico che queste campagne servono per allevare giovani nostalgici, ignoranti della storia, affascinati dal proibito e dal folklore di un fascismo che non hanno nemmeno vissuto, a differenza di chi la guerra l’ha vissuta e ne porta le ferite. Beh, queste persone sono un’arma per i nostri nemici, perché diventano il loro strumento per attaccarci».
Cacciateli allora. «Lo abbiamo sempre fatto, a partire da Jonghi Lavarini. E prima di noi lo faceva Alleanza Nazionale e perfino il Msi, lo faremo ancora di più. Voglio interrompere la spirale, anche prevedendo nel partito un organo permanente che prenda provvedimenti immediati contro chi gioca, volontariamente o per ignoranza, contro di noi».
Le rimproverano di non essere stata così chiara finora, almeno non quanto Fini con il suo «il fascismo fu parte del male assoluto». «Ma perché dove pensano fossi io allora? Ero in An, come buona parte della classe dirigente di FdI. La destra italiana i suoi esami li ha già fatti, da molto tempo. Tornare indietro sarebbe imperdonabile e stupido».
Il sospetto del passo indietro certe immagini lo legittimano. «Quando abbiamo fondato FdI lo abbiamo fatto per guardare avanti, come sempre nella nostra vita. Questo dà fastidio. Volevamo ridare una casa alla destra italiana e allargarla. Non a caso tra i fondatori c’è Crosetto. Al netto di qualche scemo marginale — che c’è in tutti i partiti, anche a sinistra, dove non stanno con la lente di ingrandimento a studiare ogni fotogramma come fanno con noi — che senso hanno le accuse di fascismo a noi? Era un regime e noi combattiamo i regimi, di ieri e di oggi. Noi facciamo solo e sempre battaglie di libertà, per la centralità del Parlamento, perché gli italiani possano esprimersi con il voto, perché il popolo conti. È per questo che siamo scomodi, per questo siamo mostri».
Perché a Fini è stato dato atto di aver superato la destra post fascista e a lei no? Non è il caso di chiederselo? «Guardi, siamo seri. Quando Fini scrisse le tesi di Fiuggi la sinistra non smise di dire che era fascista. Smisero quando tentò di far cadere il governo Berlusconi. Smetti di essere un mostro, un fascista, quando diventi uno di loro, li scimmiotti, e non ti vota più nessuno. Se ne facciano una ragione: io questa sinistra la combatto, non sarò mai una di loro. Io sono orgogliosamente alternativa a loro».
Non crede ci sia ancora un’ambiguità nel vostro partito tale da attirare anche chi lei assicura di non volere? «Se anche accadesse vorrebbe dire che quelle persone si sono ricredute, perché nessuno può seriamente fingere di non aver compreso le nostre posizioni. Ma insisto, quale è esattamente la domanda? Se ripristinerei un regime? No, ovviamente, e le segnalo che chi ci accusa di questo dice, contestualmente, che Draghi fa bene a fregarsene del Parlamento. Pensate che potrei scrivere leggi razziali? La pagina più brutta dell’umanità, quindi decisamente no. Noi siamo a fianco di Israele a differenza di molti altri. Ma la verità è che quando parla di fascismo, la sinistra intende tutto e il suo contrario, dal rischio di regime a chi manifesta contro il green pass. In pratica, sei fascista semplicemente perché non sei uno di loro. Troppo comodo. Noi abbiamo votato convintamente, al Parlamento europeo, una mozione di condanna di tutti i totalitarismi del ’900. L’unico partito che ha avuto problemi a votarla è il Pd italiano, per non dover condannare anche Stalin e la dittatura sovietica. Beh, da una sinistra che i suoi conti col passato a differenza nostra non li ha fatti, non mi faccio fare l’esame del sangue».
Mettere sullo stesso piano fascismo e comunismo non è parte del vostro problema? «La condanna di comunismo e nazifascismo, senza distinzioni, è proprio la base della risoluzione del Parlamento europeo, per una memoria condivisa sulla quale fondare un futuro di pace. FdI l’ha votata insieme a Pse, Ppe, Conservatori. L’anomalia non siamo noi che condanniamo tutti i totalitarismi, ma la sinistra italiana che ne vorrebbe condannare solo alcuni».
Ma la Repubblica è fondata sul ripudio del fascismo e voi non festeggiate il 25 aprile. «Noi siamo lontanissimi dal fascismo, ma una cosa è la storia, altra l’antifascismo militante dell’”ammazzare un fascista non è reato”, delle violenze di piazza, degli attacchi alle forze dell’ordine, di chi imbratta i monumenti in nome della cancel culture, di chi inneggia alle Foibe, dell’Anpi fatta da persone nate 30 anni dopo la Resistenza e che chiedono lo scioglimento di FdI. Questa è battaglia politica, non è storia».
Per chiudere davvero un capitolo, non potreste rinunciare a candidature evocative come quella di Rachele Mussolini? «E perché? È una persona preparatissima, competente, consigliera uscente che è stata rieletta perché ha fatto bene e non la discrimino per il nome che porta. E poi che strano, Alessandra Mussolini che sostiene il ddl Zan è bravissima, Rachele che sta con noi un mostro. Troppo ipocrita, troppo facile».
E la sua classe dirigente? Fidanza, gente che fa il saluto romano… «La colpa di Fidanza è aver frequentato una persona come Jonghi Lavarini che con noi non ha niente a che fare per ragioni di campagna elettorale. Un errore molto grave, infatti adesso è sospeso. Poi vedremo cosa verrà fuori da un’inchiesta a tratti surreale come si è visto nell’ultima puntata dove, una volta consegnato il presunto denaro, i giornalisti non si preoccupano di sapere da chi viene preso. Ma come, si istiga a compiere un illecito e poi non si va fino in fondo? Strano no?».
Il tema resta: siete all’altezza di chi ambisce a guidare il centrodestra? «Non è il mainstream a deciderlo, ma gli italiani. Fossimo così impresentabili non saremmo il primo partito in Italia. Lo siamo perché non guardiamo indietro ma avanti, ai problemi veri degli italiani, le tasse, la casa, il lavoro, la povertà. Lo siamo perché sul territorio abbiamo gente capace, alla guida delle Marche, dell’Abruzzo, all’Aquila, ad Ascoli, a Pordenone, modelli italiani. Proprio perché con me si usa la lente di ingrandimento, io non mi sarei mai potuta permettere una classe dirigente modesta».
Quanto peserà questa vicenda negli equilibri del centrodestra? «Penso zero. La sinistra ora dice che serve un federatore come Berlusconi, ma quando era fortissimo lo chiamava mafioso. Salvini era un sequestratore di immigrati, io oggi sono dipinta come una pericolosa fascista. Di volta in volta si colpisce sempre chi sembra più forte, magari usando chi è più debole in quel momento. E Salvini e Berlusconi sanno quanto questi attacchi siano strumentali, perché li hanno vissuti sulla propria pelle. È un gioco troppo scoperto. Non ci caschiamo».