L’intervista di Paola Di Caro
È sempre più convinta della sua opposizione solitaria: «Mi scrivono in tanti che all’inizio avevano dubbi e adesso mi chiedono di andare avanti. Perché, al di là di qualche nome cambiato qua e là, questo governo è in perfetta continuità col precedente. E non poteva essere altrimenti, visto che la maggioranza che lo sostiene è in larga parte la stessa del Conte II». Ma Giorgia Meloni rifiuta l’etichetta di «signora no», di chi si oppone a tutto solo per principio: «A bocciare tante scelte di questo governo non sono io, ma gli italiani».
Glielo ha detto a Salvini, che sembra vivere male il suo atteggiamento duro? «Intanto non è un atteggiamento duro. Quando sono stata d’accordo non ho avuto alcun problema a dirlo. Poi non faccio polemica coi miei alleati, con i quali sono sicura che dopo questa parentesi ci ritroveremo per governare assieme il Paese. Semmai mi dispiace sentire da altri toni polemici verso di noi. Abbiamo fatto scelte diverse, io rispetto le loro e mi aspetto lo stesso. So che la politica ha regole e vince chi ha più numeri, anche all’interno di una maggioranza, quindi non rimprovero loro nulla. Ma il ruolo dell’opposizione è anche dire quando le cose non vanno».
Per Salvini molto è stato ottenuto grazie alla Lega. «Ma ben venga se si riesce a fare asse, loro con le difficoltà che sostenere un governo impone e noi dall’opposizione con la libertà di poter incalzare. Si figuri, abbiamo perfino ottenuto che qualche richiesta di FdI fosse accolta, come le vaccinazioni anche da parte dei farmacisti o la priorità per i disabili. Ma su altri temi non si sono fatti passi avanti».
Su quali? «Il no allo spostamento dei 5 miliardi di fondi per l’inutile cashback, iniziativa propagandistica della sinistra, in favore delle imprese che hanno ricevuto ristori o sostegni, li chiamino come vogliono che le parole contano zero: era una richiesta di tutto il centrodestra. Invece restano i soldi per i navigator e c’è continuità assoluta con il governo Conte sulla gestione della pandemia: si è fatto il minimo, certo cambiando Arcuri e la composizione del Cts, ma in questo non sono stati inseriti rappresentanti del mondo produttivo, come noi chiedevamo, e si continua a procedere con zone rosse e chiusure immotivate di palestre e ristoranti e nessun aumento della capienza dei mezzi pubblici e non si lavora sulla vaccinazione a domicilio».
Sia sincera, con la Lega vi state allontanando? Anche in Europa, Salvini pensa a un nuovo gruppo con ungheresi e polacchi. «Non ci stiamo allontanando. Da inizio legislatura FI, FdI e Lega fanno parte di tre distinte famiglie europee, Ppe, Conservatori e Id».
Ma vorrebbe che Salvini aderisse ai Conservatori? «Da presidente dei Conservatori sarei ovviamente contenta di far crescere la famiglia e portare altri sulle nostre posizioni, ma è il partito che decide sulla base di eventuali richieste che ancora non sono arrivate. Non mi sembra un tema caldissimo».
Sulle Amministrative non avete fatto un passo avanti. «Lo dico in continuazione: vediamoci e decidiamo in mezz’ora. È meglio che portare avanti un dibattito estenuante sui giornali».
Pone veti alla candidatura di Bertolaso a Roma? «Io voglio vincere. Nessun veto a nessuno, bisogna vederci e trovare la soluzione migliore. In ogni caso nessuno ha ancora ufficializzato le proprie scelte».
Intanto è battaglia sulle commissioni: chiedete il Copasir ma la Lega non ci sta. «Non lo pretendiamo perché siamo avidi di poltrone: se avessi voluto fare la “guerra” avrei chiesto di ridiscutere molte altre commissioni, che sono guidate anche da esponenti del centrodestra. Ma qui è una questione di democrazia e legge: il Copasir è il comitato che controlla l’operato del governo sui servizi segreti, può mai essere che il controllore sia esponente della maggioranza del governo che deve controllare? E i singoli partiti c’entrano poco, trovo invece grave che nelle istituzioni tutti tacciano: i presidenti delle Camere, ma perfino il capo dello Stato, che è il garante delle regole».
I rapporti paiono però idilliaci con gli avversari: Enrico Letta è stato felice di ricevere la sua telefonata. «Evitiamo forzature. I miei rapporti saranno sempre più idilliaci con gli alleati che con gli avversari. Detto questo, io sono segretario di un partito e ho sempre dimostrato di avere rispetto per i miei avversari. Proprio perché politicamente non faccio sconti, sul piano personale cerco di avere rapporti franchi e leali. A maggior ragione se il mio avversario è valido. Ho chiamato Letta per fargli un in bocca al lupo, è una persona con cui c’è rispetto reciproco, credo ci si possa confrontare civilmente sui grandi temi che riguardano tutti. Ma non nascondo che considero Letta un garante dell’attuale establishment europeo. E questo sarà tra noi terreno di scontro, credo infatti che Draghi debba alzare la voce con l’Europa sulla gestione dei vaccini. Così come credo che Letta sia un elemento di continuità con il suo partito: rilanciare ius soli e voto ai sedicenni dimostra quanta lontananza ci sia dai problemi veri delle persone. Un segretario di rottura avrebbe detto “ora pensiamo agli italiani”. Non l’ha fatto».