L’intervista di Paola Di Caro
Un Recovery plan del quale ancora «non si sa nulla», il timore che «al Parlamento non venga lasciato il tempo di esaminarlo», una politica sulle riaperture che è «più rigida perfino di quella di Conte» e che ora deve «cambiare paradigma: basta con il coprifuoco». Giorgia Meloni esce dall’incontro con il premier Mario Draghi e viene da chiederle se è rimasta delusa: «No, perché io sono ottimista di natura» sorride. E soprattutto, spiega la leader di FdI, «perché vediamo, a differenza di quanto succedeva con Conte, interesse e attenzione per le nostre posizioni. È un passo avanti che apprezziamo». E se con il premier il confronto continuerà, dovrà riprendere presto anche quello con gli alleati dal centrodestra: «Non siamo in ritardo, ma è ora di vederci». Per decidere i candidati delle Amministrative, e magari anche per chiarirsi sui punti aperti: «Io faccio l’opposizione, non attacco Salvini. È normale che oggi tra noi e gli alleati ci siano posizioni e valutazioni diverse su vari punti».
Che vi ha detto Draghi? «Ci ha chiesto di presentargli le nostre proposte. Noi ci aspettavamo di sentire quelle del governo, ma vorrà dire che aspetteremo ancora…».
E voi cosa avete chiesto? «Incentivi alla natalità e sostegni alla maternità, la certezza della pena che passi anche da un nuovo piano carceri assieme alle altre infrastrutture. Abbiamo insistito sulla necessità di investire sul trasporto su ferro, ferrovie, metropolitane, non piste ciclabili, su infrastrutture portuali e ancora, fondi per Roma Capitale, ricostruzione di aree terremotate del centro Italia».
Ha avuto ascolto? «Devo dire che sì, mi sembra ci sia stata attenzione e condivisione su più di un punto. Resta il problema del metodo. Ho avuto la netta impressione che Draghi voglia presentare il piano entro il 30 aprile, anche se ci sarebbe più tempo per farlo. Se è così, sono preoccupata. Il Parlamento si è espresso sul piano di Conte, ma se questo è diverso ci si deve dare il tempo per esaminarlo. Siamo disponibili a lavorare giorno e notte, ma non si pensi di bypassare il Parlamento. Non ci staremo».
Su ristori e sostegni è stata rassicurata? «Una cosa positiva è che verranno tolte dal Pnrr le risorse per il cashback. Bene, questa nostra battaglia è stata accolta. Però ho chiesto che la cig sia pagata mensilmente e non in ritardo, che nei ristori si tenga conto non solo del fatturato perso ma anche dei costi fissi come gli affitti, sui quali il governo dovrà intervenire perché rischia di diventare una bomba per i conflitti tra cittadini, come ho chiesto che in Europa Draghi intervenga per rimandare alla fine dell’emergenza Covid il nuovo regolamento sullo scoperto bancario».
Cosa davvero vi fa opporre oggi a questo governo? «La politica delle riaperture ci vede su posizioni molto divergenti. Dopo più di un anno, non è possibile che il governo possa ancora coartare libertà costituzionali del cittadino, come la libera circolazione, con il coprifuoco».
E se come sembra fosse spostato di un’ora? «Non basta lo stesso. Al governo spetta dare protocolli anche rigidi di comportamento. Ma non si possono impedire attività, limitare la libertà. Ora basta».
Il suo alleato Salvini in realtà è molto soddisfatto per le riaperture. Il filo che tiene assieme il centrodestra si sta spezzando? «Noi siamo sempre alleati, sempre consapevoli che saremo alternativa alla sinistra insieme, prima o poi. Certo, stare in maggioranza o all’opposizione porta ad avere posizioni differenti».
Partiamo dal caso Speranza. Si aspetta che Salvini voti la sua mozione di sfiducia? «Non mi aspetto niente, ma nemmeno gli altri possono aspettarsi che io non faccia l’opposizione. Anche Salvini quando stava all’opposizione propose una mozione di sfiducia a Gualtieri. Ma non c’è nessun attacco alla Lega, o tentativo di metterli in difficoltà. Sarebbe bene non fare attacchi a noi perché facciamo il nostro mestiere: la sinistra ci prova, cadere nella trappola fa male solo a noi».
Ma si aspettava da Salvini almeno che le cedesse la presidenza del Copasir… «Noi sostenemmo la battaglia di Salvini quando, passato all’opposizione, chiese la presidenza del Comitato. Ma è un tema di rapporti maggioranza-opposizione, di garanzie, non una guerra FdI-Lega».
Ma andrete avanti nella battaglia? «Il tema l’abbiamo posto, dicono che sono tutti pronti alle dimissioni ma solo Vito di FI lo ha fatto e il nostro Urso ha dato la sua disponibilità. Aspettiamo gli altri».
Sulle Amministrative quando troverete l’intesa? «Quando ci vedremo. Non siamo in ritardo, nessuno ha ancora i propri candidati se non gli uscenti. Però è vero, penso sia necessario vederci il prima possibile».
E dire sì ad Albertini a Milano e a Bertolaso a Roma? «Nessuno ha mai formalizzato proposte, quindi non ci sono sì o no da dire. Quando ci vedremo, ci confronteremo e renderemo pubbliche le nostre posizioni e decisioni».