Il presidente FdI: «Col virus convivremo due anni. Serve serietà, cosa ha fatto l’esecutivo da luglio a oggi?»
L’intervista di Paola Di Caro
È un lungo cahier de doléances quello di Giorgia Meloni: «Il governo avrebbe dovuto avere meno spocchia, più serietà e più concretezza, perché oggi l’Italia ha un problema di credibilità che i cittadini pagano». Ma c’è anche «una proposta», che Fratelli d’Italia presenterà, con un principio ispiratore: «Sull’emergenza Covid bisogna modificare il paradigma. Poiché il virus non può essere azzerato in tempi brevi, si lavori per proteggere chi è maggiormente a rischio: anziani, persone fragili, malate. Con misure confuse e inutili rischiamo un altro lockdown, che non possiamo permetterci».
Conte non l’ha convinta? «No. Come al solito da sei mesi, il governo non coinvolge l’opposizione, si limita a farci la telefonata dell’ultimo minuto. Non c’è una strategia complessiva. Stiamo rincorrendo il virus con misure in gran parte inutili».
Cosa rimprovera in concreto al governo? «Già ad aprile FdI aveva chiesto dati precisi su mortalità e contagi, alla fine abbiamo dovuto fare da soli con il nostro ufficio studi. Oggi che abbiamo la stra-prevista seconda ondata non sappiamo ancora il rapporto tra tamponi, ospedalizzati, asintomatici, non c’è trasparenza. Cosa è stato fatto da luglio ad oggi?».
Il Covid ha travolto tutta l’Europa, non solo l’Italia… «Ma noi ci siamo fatti trovare impreparati. Perché, con un contagio di ritorno, non si sono fatti controlli a chi veniva dall’estero, tutelate le zone Covid free, contrastati gli sbarchi dei clandestini?».
Per molti la seconda ondata è causata da lavoro, trasporti, scuola. «Sulla scuola, tutta l’estate a parlare dei banchi con le rotelle, ora il concorso per migliaia di docenti: erano le priorità? Bisognava dotarsi di termoscanner, di tensostrutture, era prioritario coinvolgere privati per mettere a disposizione i loro spazi».
Serve più didattica a distanza? «Ci può stare per studenti più grandi, ma è già tardi. Serviva un piano complessivo e completo che avesse come estremo livello di intervento quello della Dad, ma no, il genio della Azzolina doveva pensare ai banchi con le rotelle. E per i trasporti, cosa è stato fatto? Ah sì, i monopattini! Noi abbiamo proposto il coinvolgimento di privati per potenziare le linee pubbliche, dai pullman turistici ai taxi collettivi, con uno scaglionamento degli orari. Ma no, si è scaricata la colpa sui singoli e non si è predisposto nulla».
L’intervento economico però è stato imponente. «Confuso, incompleto, deficitario, tragico nell’applicazione: i 10 decreti anti crisi prevedevano nel complesso 252 decreti attuativi, ne sono stati fatti 68, zero per il decreto liquidità e zero anche per il decreto semplificazioni, una beffa! Questo governo più di sinistra della storia sta rendendo sempre più acuta la frattura tra i garantiti e i non garantiti. E crea un enorme problema di credibilità del sistema Paese, del quale stanno approfittando altri, la Francia in primo luogo».
C’è un’alternativa? «Sì. Sta emergendo che purtroppo non stiamo guadagnando immunità di gregge, di Covid ci si può riammalare e fino al vaccino e all’immunizzazione generale potrebbero passare due anni. E allora, rovesciamo il paradigma e organizziamo un sistema non per fermare il contagio a 360 gradi, perché è impossibile, ma per proteggere i più esposti, i più fragili. Si strutturi un’assistenza domiciliare h/24, si utilizzino alberghi come residenze da mettere a disposizione per chi va protetto, si mettano in sicurezza le persone in pericolo. Perché se il virus impatta quasi zero sui giovanissimi e tanto sugli anziani non si può adottare lo stesso sistema per tutti e perdersi in mille rivoli con provvedimenti inutili. Non si muore di solo Covid, ma anche di ospedali che non funzionano più, di nuove e profonde povertà».
Conte esclude il Mes. «Per risparmiare 300 milioni l’anno sugli interessi del debito e finire nelle mani di una Trojka che ti impone le decisioni? La condizionalità per il Mes c’è, tanto è vero che nessun Paese si è mosso per accedere a quei fondi».
È possibile un dialogo con il governo? Non riuscite a mettervi d’accordo nemmeno sul voto a distanza in Parlamento. «Siamo contrari, sarebbe un precedente assolutamente pericoloso. Non si può impattare sulla Costituzione con norme regolamentari. Abbiamo sempre garantito il funzionamento delle Camere, lo faremo. Non fuggiamo dalle responsabilità, il mio telefono è sempre acceso. Sono loro che temono di spaccarsi se aprono al dialogo».