Si è svolta in questo weekend la IV assemblea programmatica del Dipartimento tutela Vittime di Fratelli d’Italia, con l’obiettivo di tracciare la linea progettuale dei prossimi mesi di questa struttura politica unica, in quanto non ci sono altri partiti che hanno una sezione dedicata alla difesa dei diritti delle persone che hanno subito violenze o abusi.
“Il Dipartimento – spiega il Coordinatore Nazionale Cinzia Pellegrino – ha l’obiettivo di sostenere tutte le persone che hanno subito violenza fisica o morale, indipendentemente dal genere, dalla nazionalità o dall’età. Siamo al fianco di tutti coloro che hanno bisogno di un sostegno e di ascolto: dalle Vittime di reati violenti, alle Vittime della strada a quelle sul lavoro, ma anche coloro che hanno subito oppressione da parte dello Stato, cioè quella che deriva dalla mancata osservazione di leggi e regolamenti da parte delle Istituzioni stesse, dalla mala giustizia o dalla malasanità. Fratelli d’Italia dimostra un’attenzione forte su questa tematica, peraltro in un momento delicato e di ristrettezza economica dove spesso il comparto sicurezza risulta tra i più penalizzati, quando invece dovrebbe essere considerato un settore vitale poiché ha un forte impatto sulla vita dei cittadini.
Occorre una rivoluzione culturale, che parte innanzitutto dalla comunicazione. E’ per questo che, da quando guido questo dipartimento, siamo stati volutamente dissacranti. Abbiamo cancellato tutte le immagini piene di sangue, che caricavano il dolore, che amplificavano il senso di tragedia perché per noi dal dolore e dalla tragedia deve rinascere la speranza. Il vero rispetto per le Vittime nasce quando si aiutano loro ed i loro familiari a superare il lutto e il danno, quando si riesce a ridare loro una prospettiva nel futuro ed un aiuto concreto, che possono andare dalla confidenza, dal semplicemente ‘esserci’ alla modifica di leggi ignobili che non garantiscono la loro piena tutela. Non è con le celebrazioni che si risolvono i problemi, ma istruendo politiche sociali adeguate e norme che garantiscono la certezza della pena.
Il problema della violenza va affrontato soprattutto da un punto di vista culturale abbiamo detto. Solo quest’anno, in Italia, a tutt’oggi sono più di cento le donne uccise della follia omicida maschile. A questo massacro non si riesce ancora a porre fine. Ma non sarà possibile modificarne la genesi fino a quando si continueranno a tenere posizioni sessantottine e dicotomiche che rélegano il problema ad un conflitto tra uomo e donna, basato sulla prevaricazione maschile, e non si riconosce invece la relazione di potere e di controllo che ne è la vera base. Lo schema è sempre questo: una parte ha un estremo bisogno di avere la proprietà dell’altra, senza accettare volontà diverse dalla propria. La donna annulla se stessa sotto il ricatto morale dei sensi di colpa perdendo la sua unicità e la sua identità. Quando trova il coraggio di ribellarsi arriva la morte. Ma non dobbiamo pensare che sia sempre il maschio quello che recita la parte crudele e assassina.
Perché anche l’uomo può essere Vittima della violenza femminile. Anche le donne usano forme di prepotenza psicologica ed economica, che vanno dal disprezzo costante a causa di un impiego poco remunerato alle denigrazioni a causa della vita modesta consentita alla partner, alle critiche per difetti fisici, alla strumentalizzazione dei figli ai fini del ricatto morale e finanziario.
Insulti e umiliazione insomma colpiscono anche i maschi, nello stesso schema perverso di carnefice-vittima, e a volte con lo stesso identico epilogo che è l’assassinio. La violenza sugli uomini è un dato crescente al punto che è già giunto il momento di coniare il neologismo “maschicidio”.
La rivoluzione culturale pertanto deve superare i clichè. In primis quello che vuole sempre l’uomo virile ed aggressivo, e quindi colpevole indiscutibilmente. Da qui deve partire anche una nuova concezione dei centri antiviolenza, dove si deve unire la capacità di aiutare gli uomini concretamente a gestire gli impulsi distruttivi a quella di dare loro gli strumenti per risanare una ferita dovuta ad abusi subiti da una donna.
Importante poi è il ruolo della Giustizia che deve innanzitutto garantire pene certe e proporzionali a chi compie delitti così atroci, al fine di agire da deterrente e soprattutto per evitare che lo stessa persona ripeta lo stesso reato perché messa in libertà troppo presto grazie a sconti di pena o a permessi premio concessi troppo facilmente.
E infatti, pur dopo violenze indicibili, pur dopo una denuncia, pur dopo una sentenza di condanna spesso chi è stato Vittima di abusi, violenza e/o stalking si ritrova senza avere effettive garanzie da parte di quello Stato che aveva invece promesso di proteggerle. Ho letto la storia di B. B., una donna e madre che vive a Milano, che si è vista negata la possibilità di conoscere la data in cui l’ex marito (che la picchiava al punto di essere condannato per questo) tornerà libero di circolare indisturbato, per fruire dei cd. permessi premio e per il termine della pena. E’ inaccettabile che una persona sia esposta al rischio di cadere nuovamente nelle mani del suo persecutore. E’ una norma che andrebbe seriamente valutata e modificata, al fine di non farla diventare uno strumento che assicura al carnefice di tornare ad agire indisturbato. Da qui è nata la proposta di una legge presentata alla Camera da Giorgia Meloni alcuni mesi fa, nella qualechiediamo una modifica al codice di procedura penale. C’è un vuoto normativo che noi andremmo a colmare con la semplice aggiunta di un comma all’art.90, estendo alla fase esecutiva della pena anche l’obbligo di informare la Vittima sulla cessazione della carcerazione o della misura di sicurezza disposta nei confronti dell’autore del crimine violento (ad esempio i ‘permessi premio’). Quando anche vi sia stata infatti una condanna, essa non garantisce il recupero emotivo e psichico dell’abusante, che approfitta di ogni situazione per reiterare pressioni e minacce, se non anche per vendicarsi della denuncia e della conseguente detenzione uccidendo la Vittima stessa.
Per dare maggiore peso a questo lavoro da oggi è online una petizione a sostegno della pdl sulla piattaforma charge ed il cui link è il seguente: CLICCA QUI
Si deve poi avere il coraggio di iniziare a parlare ed implementare modelli di “giustizia riparativa”, ossia a prevedere la possibilità di impegnare il reo a compensare le conseguenze del suo gesto in un’ottica di riconciliazione con le Vittime e con la società stessa.
Abbiamo già validi esempi nel Nord Italia ed in Europa ed i dati dicono che questo istituto contribuisce a far diminuire la recidiva del 27%. Le stesse Vittime coinvolte in questa esperienza si dicono per l’85% dei casi soddisfatte e riproporrebbero con convinzione l’esperienza ad altre. E’ ora di replicare questi risultati positivi in tutte le Regioni d’Italia.
Perché il centro di tutto non sono i maschi o le femmine, ma la persona.
Viviamo oggi una disgregazione culturale e sociale che punta ad un individuo ‘atomico’, che da solo è più fragile ed attaccabile. Bisogna fare di tutto per rendere giustizia alle Vittime – di qualsivoglia genere – ma bisogna fare ancora di più per ricomporre il tessuto sociale, fortemente violentato prima dalla disgregazione dell’istituto famiglia, poi di quello di comunità, infine di quello del sesso. E’ chiaro lo scopo ultimo di questa disgregazione: renderci sempre più soli e senza identità, per essere più controllabili e ridurci merce. Dobbiamo avere coscienza di tutto questo e combattere ogni forma di questa disgregazione per ritornare individui e riprenderci la nostra libertà, la nostra creatività, la nostra unicità. Dobbiamo ritornare persone e recuperare il concetto di Comunità umana. E’ nella Comunità che l’uomo vive la sua pienezza e si arricchisce spiritualmente e socialmente come individuo. Anche perché solo la condivisione ed il senso di appartenenza possono portare sostegno concreto nei momenti di difficoltà.
Cinzia Pellegrino, Coordinatore Nazionale del Dipartimento tutela Vittime di Fratelli d’Italia AN