di Domenico Kappler*. Il 28 settembre si torna a votare. Parlamento? Regioni? Qualche Comune di rilievo? No. Tornano al voto le Province. Si, proprio le Province: prima ridotte, poi cancellate e commissariate, ora riproposte nella forma che tanto piace al premier Renzi di enti di secondo livello non eletti dal popolo. Si va così completando il disegno di smantellamento dei meccanismi di partecipazione dei cittadini al Governo della Nazione e del territorio con un altro tassello giustificato dalla furia abolizionista e falsamente risparmiatrice.
Dopo il Parlamento dei nominati, il Senato dei cooptati, ora le Province fatte a tavolino votate e composte dagli eletti nei Comuni impegnati part-time nell’attività di nuovi organismi indefiniti nei contenuti e nella gestione. Si cancellano secoli di storia, decenni di consolidati rapporti con il territorio nella gestione di competenze fondamentali soprattutto per le comunità locali medio-piccole (scuole, viabilità, agricoltura, ambiente, lavoro, caccia, pesca, ecc.) nel nome dei presunti risparmi non dimostrabili né tantomeno dimostrati. Diceva Renzi qualche anno fa: “I risparmi sarebbero irrisori. È un facile spot demagogico”. Cosa è cambiato oggi? Forse solo il nome del premier e la volontà di un nuovo potere oligarchico di ridurre sempre più gli spazi di democrazia nel nome del contenimento dei costi della politica. Quello dei costi è un tema che merita un approfondimento e ce lo riserviamo per un’altra occasione. Oggi la questione è questa riforma farsa che, oltre a non determinare alcun risparmio, produrrà effetti disastrosi quantomeno nel primo decennio di gestione di attività di grande rilievo per la qualità della vita delle comunità locali. Infatti a meno che non si ipotizzi di tagliare personale, attività e servizi essenziali ai cittadini, dei circa 10 miliardi di euro di spesa delle Province verrebbero meno i soli 110 milioni circa di costi degli amministratori. Ben 2 euro l’anno per cittadino, pari a 0,5 centesimi al giorno. E il danno indotto dalla confusa gestione transitoria? Cosa avverrà nei primi anni nella ipotetica riorganizzazione di strutture, personale, competenze e attività? Si profila un quadro istituzionale caotico aggravato dalle conflittualità tra i Comuni e dalla contemporanea inefficienza di organismi di gestione tutti da definire. Il tutto gestito da amministratori svincolati da ogni mandato popolare. Alla faccia della partecipazione, del dialogo, del confronto e dell’ascolto dei territori. Una colossale truffa foriera di danni economici e sociali ben più rilevanti dei presunti risparmi. Ma sarà sempre così finché non avremo il coraggio di spiegare ai cittadini che non sono i costi il parametro di valutazione della politica ma, come in tutte le altre attività dell’uomo, è il rapporto tra costi e benefici. Questa però è un’altra storia e ne parleremo presto.
Roma, 8 luglio 2014
*Vice responsabile nazionale del settore coordinamento Autonomie Locali di FdI-An.