«Quando si tratta di piangere un sacrificio o celebrare una vita, una Nazione degna di questo nome dovrebbe essere unita. Per questo, Fratelli d’Italia si associa al cordoglio per le vittime, al sentimento di solidarietà per le famiglie dei nostri connazionali rapiti e uccisi e al sollievo per il rientro degli altri due nostri connazionali. Ma la politica estera dovrebbe muoversi a partire dall’interesse nazionale, dunque in questo caso dalla pacificazione della Libia e per evitare che possa ulteriormente dilaniarsi e noi non siamo assolutamente d’accordo su come questo si debba fare. Ho difficoltà a comprendere cosa stia facendo il Governo italiano sulla Libia. Lei stesso, ministro Gentiloni, il 12 luglio 2015, ovvero quasi un anno fa, diceva che la questione doveva risolversi in poche settimane o l’Italia avrebbe reagito in maniera diversa. E se lei, che è ministro di una delle Nazioni più importanti al mondo, che fa parte di Onu, Nato e Ue, si permette di fare delle dichiarazioni alle quali non dà seguito alimenta un problema di credibilità internazionale per l’Italia, perché alle parole non seguono i fatti».
Lo ha detto il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, nel corso del dibattito alla Camera sull’informativa urgente del ministro degli Esteri Gentiloni sulla Libia.
«Da più di un anno – ha proseguito Meloni – il Governo dice che è impegnato ad ottenere pacificazione e unità tra i governi di Tobruk e Tripoli. Fratelli d’Italia vi fa notare che la mozione degli affetti “vogliamoci bene” potrebbe non realizzarsi mai perché è molto difficile che questi due governi si mettano d’accordo tra loro senza che la comunità internazionale non costruisca le condizioni perché questo avvenga. Dovremmo fare in modo che questi due governi siano costretti a trovare un accordo, ma non lo facciamo. In compenso il nostro principale nemico, l’Isis, avanza. Ora voi non lo chiamate più con l’acronimo inglese ma con quello arabo di “Daesh” ma sempre di fondamentalismo islamico parliamo. Gli altri Stati possono permettersi di traccheggiare ma l’Italia no, perché la Libia è a 400 chilometri da noi e in molti ci dicono che il terrorismo utilizza o può utilizzare il caos generato dai migranti per infiltrare cellule terroristiche. Cosa bisogna fare: per avere un interlocutore diamo un ultimatum ai due governi perché trovino intesa entro una data certa. Se alla scadenza non c’è un governo, la comunità internazionale si schieri con il governo di Tobruk che è quello riconosciuto. Se questo non si riuscisse a fare, non si escluda l’intervento per combattere il fondamentalismo islamico, che ormai abbiamo dentro casa, chiudendo le frontiere e con un blocco navale a largo della Libia. Perché mentre in Italia arrivano centinaia di persone l’Europa chiude le frontiere e noi rischiamo di diventare il campo profughi dell’Ue».
«Fratelli d’Italia, l’unico partito presente in Parlamento che prende in considerazione un intervento armato, ritiene che l’Italia rischi di più stando ferma. Tuttavia non si possono fare entrambe le cose, anche se sappiamo che le politiche di Renzi si fondano sui sondaggi di gradimento. Il Governo porti in Aula la proposta di intervento e noi la voteremo, ma Renzi non può andare in tv a dire che non crede nell’intervento e poi mandare i nostri corpi speciali in Libia sotto la linea di comando dell’intelligence senza passare per il voto del Parlamento», conclude il presidente Meloni.