di Giorgia Meloni
13 febbraio 2014
Sviluppi imbarazzanti dello scenario politico nazionale. Nel peggiore stile della prima Repubblica apprendiamo dalla sede di un partito che è in atto una crisi e che un governo non scelto dal popolo viene rimpiazzato da un altro Esecutivo senza che gli italiani, ancora una volta, siano presi in considerazione.
Addirittura senza che il governo sia stato sfiduciato nelle aule del Parlamento. In questi istanti un pugno di ‘capi corrente’ sta decidendo che a breve verrà nominato il terzo presidente del Consiglio, in soli 28 mesi, non espressione della volontà popolare. Renzi, infatti, non può certo pensare che le primarie interne e autoreferenziali di un partito, alle quali hanno partecipato meno di due milioni di persone, possano sostituirsi alle elezioni nazionali.
Questo comportamento maldestro è incomprensibile e tradisce l’immagine stessa costruita da Matteo Renzi: il politico sostenuto dalla base, schierato contro l’establishment ed estraneo ai giochi di palazzo. Comportamento talmente incomprensibile da far nascere il sospetto che le motivazioni che lo hanno spinto a rinnegare se stesso non siano di natura politica o strategica, ma vadano cercate in tutt’altro contesto.
Non vorremmo che i grandi sostenitori del sindaco di Firenze abbiano necessità di accelerare l’investitura del loro ‘protetto’ per vedersi riconosciuta la gratitudine che si aspettano. In particolare ora che si devono decidere le nomine di competenza governativa nelle grandi aziende partecipate dello Stato. Nel giorno delle citazioni, quella più efficace è probabilmente tratta dalla nostra carta costituzionale: “la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione”. Un principio fondamentale che il Pd sembra aver dimenticato.