Il testo integrale dell’intervento conclusivo del presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, della videoconferenza “L’Africa perduta. Instabilità, sfruttamento e interessi geopolitici in un continente dimenticato”, primo incontro del ciclo “Caput Mundi” promosso dal Dipartimento Esteri di Fratelli d’Italia guidato da Carlo Fidanza.
Un caro saluto a tutti i partecipanti a questa bella iniziativa voluta e organizzata dal nostro capodelegazione al Parlamento Europeo e responsabile del Dipartimento Esteri di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza, che ringrazio anche per darmi la possibilità di poter parlare di un tema sul quale Fratelli d’Italia si è spesa molto.
So che avete voluto aprire questo incontro ricordando il sacrificio di due servitori dello Stato italiano, come l’ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci, rimasti vittime di un attentato da parte di gruppi armati di ribelli. Voglio unirmi al loro ricordo garantendo tutto l’impegno di Fratelli d’Italia perché si faccia luce su questi fatti e si verifichino le eventuali responsabilità di un meccanismo di protezione che evidentemente non ha funzionato. Fatti come questi non devono accadere mai più: perché difendere chi rappresenta l’Italia all’estero significa difendere l’Italia.
Ma questi fatti ci consentono di allargare lo sguardo su un continente complesso che troppo spesso appare dimenticato. Due anni fa organizzammo un convegno molto partecipato alla Camera dei Deputati sul Franco CFA, la moneta di derivazione coloniale con cui la Francia tiene sotto scacco molti Stati africani.
Durante quel convegno a cui parteciparono anche dei giovani panafricanisti come Paul Fotsing Mbeku che anche questa sera ha portato la sua testimonianza, voglio ancora una volta salutarlo e ringraziarlo, raccontammo come una Nazione europea continui a battere moneta fuori dai suoi confini nazionali per controllare le esportazioni e l’economia di alcuni Stati africani.
Questo accade perché l’Africa, a differenza di quello che si pensa, è un continente ricchissimo di materie prime, nonostante sia il più povero del mondo. Ad esempio, società di proprietà dello Stato francese sono presenti in pianta stabile in Niger, dove sono concentrate gran parte delle riserve di uranio di tutto il pianeta. La multinazionale francese estrae uranio e lo porta in Patria per alimentare le centrali nucleari. Con l’uranio del Niger il governo di Parigi riesce a soddisfare un terzo del fabbisogno energetico nazionale e il 90% dei nigerini non ha nemmeno l’energia elettrica. In più, nei villaggi dove viene estratta questa preziosa risorsa, si beve acqua radioattiva e si coltiva su un terreno avvelenato dagli acidi.
Questo è soltanto uno dei tanti scenari che potremmo raccontare per argomentare questo sfruttamento senza precedenti. Ma c’è molto di più: mentre in Europa, negli USA e in tutto il mondo progredito si discute di “transizione energetica” e di “green economy”, pressoché a tutti sono sconosciuti i retroscena di questo nuovo paradigma. Nessuno sa che senza l’Africa non sarebbe possibile nessuna transizione energetica, nessuna economia verde. Quante persone hanno, ad esempio, mai sentito parlare di indio, di gallio, di cerio, di lantanio o promezio? Si tratta dei cosiddetti metalli e terre rare, che sono indispensabili alla produzione di tutte le nuove tecnologie, cioè di quello che è essenziale per la green economy.
Non ci chiediamo mai come vengono prodotte le batterie delle auto elettriche, i pannelli solari o le pale eoliche. Così come tutti gli strumenti tecnologici che utilizziamo: cellulari, tablet, tv, computer. Tutto questo viene realizzato grazie ai metalli e terre rare di cui l’Africa è straricca. E il paradosso è che questi preziosi elementi naturali, pur essendo di fatto il nuovo petrolio, sono anche la disgrazia dell’Africa.
Il leader mondiale dell’estrazione e trasformazione di questi metalli in materiale tecnologico è indiscutibilmente la Cina, che da decenni ha preso di mira l’Africa. Il Continente Nero è diventato la miniera su cui la Cina ha edificato il suo impero, rendendo tutto l’Occidente che va verso la transizione energetica sempre più dipendente dalle tecnologie “made in China”.
Il saccheggio delle risorse africane non solo espropria i popoli della loro ricchezza ma causa ulteriore desertificazione, alimenta i conflitti tribali su cui si insinua come una serpe il fondamentalismo islamico, provoca i flussi migratori che non fanno bene né all’Africa né all’Europa. Diciamoci la verità: nessuno fuggirebbe mai dalla sua terra, dalla sua famiglia e dalle sue radici se potesse non farlo. Se i giovani africani avessero un futuro non abbandonerebbero mai la propria Patria. Il legame con le proprie radici, con le proprie tradizioni, con la propria identità è insito nella natura di ogni uomo. La lotta dei giovani africani per la sovranità e per l’indipendenza è una lotta per la difesa della loro identità. Questo fatto manda letteralmente in cortocircuito la sinistra che continua a liquidare la questione africana con la solita retorica buonista, che serve solo ad alimentare il sistema di sfruttamento che strozza l’Africa.
Con l’Africa l’Europa deve cambiare totalmente il suo approccio, abbandonando ogni velleità neocolonialista e abbracciare la strada della cooperazione e dello sviluppo che possa portare davvero ricchezza reciproca. Solo così si può ridimensionare il dominio cinese. Con un Africa libera e prospera è fondamentale per portare un nuovo equilibrio a livello globale. Noi possiamo giocare un ruolo fondamentale su questo versante, riscoprendo l’approccio proficuo e pragmatico di un grande italiano come Enrico Mattei, che fece grande l’Eni e grande l’Italia stringendo accordi di vera cooperazione con i grandi produttori di petrolio, non sfruttandoli. L’Africa è la più grande riserva mondiale del “nuovo petrolio”: consentire agli africani di godere della loro ricchezza è la chiave per inaugurare una nuova stagione di prosperità e libertà per tutti.
Fratelli d’Italia – che su questi temi, ha avuto sempre il coraggio di dire la verità e di fare battaglie vere, sensate e serie sulle grandi questioni del nostro tempo – è stato finora l’unico partito a non avere paura a trattare queste materie.
Non lo abbiamo fatto finora e non lo faremo domani. Perché a domande complesse vanno dato risposte complesse, non risposte buone per la campagna elettorale.