I terribili stupri del branco di Rimini non sono solo spaventosi fatti di cronaca che attengono alla violenza sulle donne, come i sacerdoti del politicamente corretto vorrebbero far credere, ma rientrano a pieno titolo nei molti “danni collaterali” dell’immigrazione incontrollata voluta da chi ci governa.
Questa bruttissima storia sembra concepita appositamente da un cinico romanziere per smentire tutte le teorie dei sostenitori dell’accoglienza indiscriminata. Ne è la prova la cortina fumogena alzata in fretta e furia dal solito mainstream attorno a quanto accaduto e alla nazionalità dei quattro carnefici. La Presidente Laura Boldrini si è giustificata dicendo che il suo lavoro non è certo quello di commentare ogni singolo fatto di cronaca e la deputata Cécile Kyenge ha sentito la necessità di scrivere che quella di Rimini è “una violenza che va ben oltre le etnie”, una excusatio non petita che non aiuta molto la sua causa. I membri del Governo hanno spolverato l’inossidabile banalità del “condanniamo ogni violenza sulle donne, da chiunque sia commessa”. Ci mancherebbe altro. Ma dopo la condanna e l’indignazione bisognerebbe pure interrogarsi sulle cause dell’accaduto, se tutto quel dolore si sarebbe potuto evitare, se è possibile fare qualcosa per impedire che fatti analoghi si ripetano. Per farlo bisogna, però, avere il coraggio di guardare alla realtà senza paraocchi.
La prima realtà scomoda è che esiste un nesso diretto tra immigrazione e aumento del numero di casi di violenza sessuale. Dal momento che i numeri non possono essere tacciati di razzismo e per il momento non è vietato riportarli, approfitto di questa libertà. Dallo studio prodotto dall’istituto Demoscopika emergono dati inquietanti: gli immigrati, pur essendo solo l’8,1% dei residenti, commettono il 39% delle violenze sessuali, sarebbe a dire cinque volte il dato statistico che si dovrebbe avere. I dati che riguardano i magrebini raggiungono proporzioni allarmanti: i marocchini, che sono lo 0,7% della popolazione commettono il 6% degli stupri, quasi 10 volte il dato immaginabile; poco sotto troviamo i tunisini con una incidenza 6,5 volte superiore al dovuto. Ad aggravare questi dati, bisogna tener conto che i casi che riguardano gli immigrati sono probabilmente sottostimati per il minor numero di stupri denunciati dalle donne straniere rispetto alle italiane.
La seconda realtà è che il capo branco degli stupratori di Rimini è un congolese, arrivato con i barconi, richiedente asilo a cui era stata rifiutata la domanda di rifugiato politico. Nonostante questo è stato accolto, ospitato, mantenuto a spese degli italiani e gli è stato concesso, dal nostro generoso e pietoso sistema, il permesso di soggiorno per “protezione umanitaria”, una anomalia tutta italiana che nulla ha a che fare con la Convenzione di Ginevra sui rifugiati. Se fosse stata rispettata seriamente la normativa internazionale in tema di accoglienza, questo criminale non sarebbe entrato in Italia o sarebbe stato rimpatriato come clandestino, e non avrebbe avuto la libertà di aggirarsi a rubare, rapinare, aggredire, stuprare.
In terzo luogo, i due marocchini minorenni che hanno partecipato alle violenze non
sarebbero dovuti essere in Italia. Il padre era stato espulso e l’autorità giudiziaria aveva stabilito il rimpatrio anche della moglie e dei figli. Peccato che poi sia subentrato il solito cavillo buonista: per rimpatriare i figli, nati in Italia, serve il consenso di entrambi i genitori. Il padre (dal Marocco) ha detto no, e così invece di espellere la famiglia, ci siamo ripresi pure il padre espulso, in ragione del principio di ricongiungimento familiare. Una follia tutta italiana e un antipasto di quello che accadrebbe con lo ius soli. Lo stesso ius soli che avrebbe dato la cittadinanza italiana a tre dei quattro stupratori precludendo la possibilità di espellerli dopo aver scontato la pena.
Infine, gli atti atroci commessi dal branco composto in prevalenza da minorenni, testimonia l’idiozia della legge voluta dalla sinistra sui “minori non accompagnati”, che impone all’Italia di accogliere tutti i minorenni che entrano illegalmente sul nostro territorio. Legge non rivolta ai “bambini”, ma anche a uomini di 16 e 17 anni e ai maggiorenni che possono spacciarsi per tali e che non sempre rispondono al cliché del giovane indifeso che necessita di essere accudito.
Alla luce di tutto questo, è da beceri intolleranti chiedersi se l’immigrazione incontrollata possa far aumentare i casi di violenza sessuale? O invece sarebbe giusto porsi seriamente la questione, senza preconcetti e pregiudizi?
La risposta delle istituzioni italiane è stata, ancora una volta, quella di nascondere la testa sotto la sabbia. Eppure non mancano gli elementi per porsi qualche domanda seria sulle scelte fatte fin ora in tema di accoglienza. Magari per prepararsi a rispondere in sede europea al Governo Polacco e agli altri Stati del Gruppo di Visegrad che, dopo gli atroci fatti di Rimini, avranno un argomento in più per dire che non intendono essere travolti dall’immigrazione di massa cara all’Unione europea alla sinistra italiana. Ma per qualcuno sono solo “fatti di cronaca”.