di Guido Crosetto
10 ottobre 2013
Lo scontro che si sta consumando nel PdL è qualcosa che va al di là della folkloristica divisione tra falchi e colombe o della più seria divisione tra lealisti, pontieri e governisti. Nella totale inconsapevolezza dei più, in ballo c’è il lucido e legittimo tentativo da parte di Alfano, Lupi, Quagliariello e altri, di portare il maggior partito del centro destra italiano all’interno del club di élite ed establishment di cui già fanno parte Monti, Letta, Prodi, Casini, D’Alema ed i soggetti politici loro collegati. Il loro obiettivo è quello di legittimarsi all’interno di quei salotti e di quei contesti nazionali ed internazionali dove c’è il vero potere e nei quali nessun partito del centrodestra italiano è mai entrato. Questo passaggio, comprensibile nella visione di una politica che è principalmente crescita personale dei suoi protagonisti, significa blindare i confini dell’azione di quel partito, che si chiami PdL o Fi è indifferente, in accordo con i confini di un “politicamente corretto” individuato da altri, accettare che il loro movimento entri in una sorta di recinto di “legittimità burocratico istituzionale” e di contestuale sudditanza politica.
Si accettano acriticamente i paletti definiti a livello europeo e ci si confronta con un altro schieramento che ha accettato le stesse regole e lo stesso terreno di confronto. Ci si avvia cioè su una strada nella quale le differenze tra centrodestra e centrosinistra sono marginali perché la base comune politica è definita altrove, in altre sedi, in altri contesti, senza le problematiche che comportano i sistemi democratici. Non si può mettere in discussione “questa” Europa, non si può mettere in discussione “questa” moneta così costruita, non si possono ridefinire parametri fissati burocraticamente anche se uccidono un paese reale ed un popolo in carne ed ossa, si accetta la sudditanza della politica rispetto al sistema di finanza, burocrazia e banche attualmente alla guida d questo continente e del mondo. Si accetta il passaggio, indolore e certamente più sicuro e redditizio per chi lo porterà avanti, di partiti che aderiscono ad un “sistema” predefinito nel quale la vittoria dei uno schieramento o di un altro poco cambia sul piano delle grandi scelte future. Si accetta un ruolo marginale della politica, un ruolo marginale dell’Italia, una lenta decadenza del suo modello produttivo fatto da milioni di piccoli imprenditori, si sottoscrive un patto con il diavolo che congela le possibilità di rappresentanza reale di interessi diffusi dei cittadini italiani per intraprendere la strada di un pensiero unico nel quale è consentito dividersi solo sugli aggettivi. I lati positivi di questo percorso sono molti, moltissimi, ma quasi esclusivamente individuali e non del paese e del popolo.
Il PdL berlusconiano era fuori da questo sistema. Lo era forse proprio in virtù del grandissimo conflitto di interesse del suo leader, perché la sua forza finanziaria e mediatica, privata, personale lo rendeva insensibile ed indifferente alle lusinghe ed offerte di quel sistema. E quel sistema lo ha sempre guardato con sospetto e diffidenza perché non era “comprabile” con sistemi tradizionali, non per superiorità morale, per ricchezza. L’unica sua necessità era garantire il suo “particolare” ma questo lo rendeva più libero su tutti gli altri fronti, più libero di ogni suo altro concorrente politico che doveva aggiustarsi difendendo una pluralità di interessi di altri poteri. Questa libertà, pur nascendo da una contraddizione democratica, lo rendeva capace di interpretare meglio di altri, con totale libertà e con scientifico cinismo, il sentimento popolare di una parte del paese. La sua forza in questi anni è infatti stata la diversa possibilità di espressione e linea che poteva permettersi rispetto ad altri schieramenti obbligati ad accettare compromessi continui con poteri reali esigenti e molto più forti della politica e delle Istituzioni democratiche. Allo stesso modo gli concedeva una disinvoltura realistica e pragmatica nei rapporti internazionali, dalla Libia alla Russia, che non poteva essere concessa all’Italia.
Proprio per questo motivo, la riconduzione del PdL nell’alveo della “linea giusta”, il passaggio politico dell’altro giorno, questo governo Alfetta o Lettano, è stato benedetto in modo bipartisan, da Schulz in nome dei socialdemocratici e dalla Merkel in nome dei popolari, avvallato da un messaggio di parte del Presidente della Repubblica, unico nella storia repubblicana, di Squinzi, e di tutti quelli che in un modo o nell’altro devono la loro sopravvivenza o il loro futuro al sistema bancario/finanziario/burocratico attualmente al comando. Proprio a dimostrare che non esisteranno nemmeno più in Italia differenze se non marginali, tra i due schieramenti. Ma questa possibile scelta del PdL, che da un lato rafforza le persone che l’hanno guidata, apre loro spazi di radiosi futuri personali, dall’altro uccide una possibilità di espressione democratica in questo paese e sancisce in modo drammatico la linea di scivolamento dell’italia nella categoria dei paesi di serie b, in attesa della c.
La vicenda interna del PdL diventa pertanto importante non perché sembra ridisegnare il ruolo di Berlusconi, che negli ultimi mesi ha sbagliato a mio avviso tutto ciò che si poteva sbagliare, non per il destino di alcuni falchi che sono riusciti a regalare, con il loro integralismo, la palma di moderati seri a persone cui poco importa del paese ed ancor meno del centro destra, non per la classe dirigente che non esiste di un partito che non è mai nato, ma per la rappresentanza della parte produttiva di questo paese che sarà uccisa da “questa” Europa, per le piccole e medie imprese, per agricoltori, artigiani, commercianti, ma anche per i loro dipendenti, che hanno perso ogni possibilità di essere difesi dal percorso di distruzione scientifica portato avanti dalle scelte economiche funeste accettate dal nostro paese.
Oggi siamo un po’ più accettabili in Europa, ma non per la nobiltà delle nostre scelte. Oggi una parte in più del sistema politico italiano è stata fagocitata in questa informe accozzaglia di euroentusiasti senza ragione. Anche il centrodestra è stato messo in sicurezza. Ma non è in sicurezza il paese. Ora questo governo dei buoni e gentili, questo governo i cui leader assomigliano anche fisicamente ai burocrati europei, approverà un’ennesima manovra, da 10 miliardi se non 15. Di tasse, di prelievi, di imposte. Saranno nascoste, magari avranno un nome straniero, saranno affiancate da alcune finte concessioni, come i 20 euro in busta paga, ma questo è il valore che entro dicembre faranno uscire dalle tasche degli italiani.
Questo governo proseguirà con la compressione scientifica, in nome della competitività, del potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti. Questo governo non farà il minimo atto nei confronti di un sistema bancario che sta strozzando ogni giorno migliaia di imprese e famiglie. Questo governo non disturberà i manovratori europei. Questo governo aiuterà la lenta conquista da parte di multinazionali del mondo della parte sana industriale del paese. Questo governo magari farà come sta facendo in Grecia il suo gemello e cercherà di far diventare reato di opinione le critiche all’Europa ed all’Euro.
Questo governo continuerà a dare più credito a Befera che ai milioni di italiani uccisi da cartelle ed interessi surreali. Questo governo continuerà a calpestare lo statuto del contribuente; questo Governo non sarà in grado di toccare minimamente lo strapotere di una burocrazia intollerabile. Quello di Alfano non può e non potrà essere il centro destra che Berlusconi aveva detto di volere e che non è mai riuscito a costruire perché in realtà non gli interessava. E’ un’altra cosa. Con una sua legittimità, una sua logica, una sua ratio, una sua nobiltà politica. Ma la parte di società che sempre si è riconosciuta nel centro destra sarà da domani orfana. Si apre quindi la sfida a rappresentare questo popolo. Una sfida che ha bisogno di parole d’ordine forti e di proposte concrete che rompano lo steccato nel quale è stato compresso il paese. parole come sovranità nazionale, interesse nazionale, identità nazionale, libertà. Sfida che non penso potranno più cogliere i falchi o le colombe. Sfida che molte persone libere possono provare a raccogliere uscendo dalle prigioni dei vecchi partiti di appartenenza. Sfida che vorrebbe cogliere l’officina che abbiamo lanciato: sfidando il falso popolarismo europeo, svenduto alla finanza, in favore del popolo, la svenduta socialdemocrazia europea in favore della parte più debole del paese, l’inutile demagogia grillina per costruire istituzioni credibili che difendano chi non ha voce.