di Massimo Corsaro
25 aprile 2014
Ernesto Galli della Loggia, con un fondo in prima pagina sul Corriere della Sera del 24 aprile, disamina quella che definisce “la diaspora della destra” con la solita saccente aura di superiorità che solo la noiosa ed inconcludente intelligencija nostrana sa mostrare.
Condiviso (come potrebbe essere altrimenti?) il giudizio negativo sui risultati di una lunga stagione di governo conclusa senza quasi lasciar traccia, complice l’incapacità di affondare la lama nel ventre di poteri forti, sindacati e burocrati, cui si sono aggiunte debolezze endogene di chi ha pensato che il ruolo di governo fosse solo utile a sistemare cosucce private, l’analisi del politologo sconta una frettolosa quanto ripetuta semplificazione del mondo della destra.
In breve, Ernesto Galli della Loggia sostiene: che il ceto di riferimento, che spesso ha prestato i nomi di maggior spicco alla compagine di governo o sottogoverno, sia composto da personalità che non apprezzano la politica, se non per l’uso necessario al miglior compimento delle proprie attività; che il resto degli attori sia composto solo da mediocri; che oggi gli elettori di destra non possano a quesito punto che rivolgersi a Renzi.
Sul primo punto, certo, qualche individuo corrisponde all’identikit di Galli della Loggia; il quale tuttavia dimentica di paragonare l’altra metà del cielo, mancando di spiegarci se, nel suo pensiero, i De Benedetti, i Bazoli, i parrucconi con i quali la sinistra ha storicamente occupato le Corti Costituzionali, i consigli delle Fondazioni bancarie, la gestione degli Atenei, la Magistratura del Lavoro e quanto altro siano davvero mossi da afflato patriottico o non siano essi pure, magari più degli altri, tesi al mantenimento delle proprie condizioni di privilegio, noncuranti degli effetti devastanti dell’immobilismo nel quale hanno congelato la Nazione.
Sulla mediocrità del personale politico poi, lo strabismo del professore supera quello celeberrimo di Gasparri: di là gli statisti chi sarebbero? Josepha Idem e Nunzia Di Girolamo che sono dovute scappare dal Governo? La Cancellieri con le sue telefonate? La Fornero e le sue lacrime di coccodrillo? Visco che spiegava agli italiani quanto pagare le tasse fosse “bello”, o Amato che fotteva nottetempo i soldi dai conti correnti degli italiani? O ancora Prodi, che ha costruito e voluto l’accesso nell’Euro ad un cambio inaccettabile? La Melandri coi suoi rinnegati balli kenioti, Cicciobello Rutelli, D’Alema, la Camusso? O Renzi, che impone alla Camera di votare la fiducia su un decreto lavoro reso inutile dall’ennesimo asservimento alla CGIL, giurando che comunque lo farà cambiare al Senato, cioè la Camera ha promesso di abolire in quanto inutile? Chi, Galli della Loggia, chi? Perché se giudichi inadatti quelli di una parte, devi portare ad esempio quanto siano illuminati dall’altra.
Ma è sull’asserzione finale, quella per cui gli elettori di destra dovrebbero volgersi al putto fiorentino quasi non ci fosse un domani, che il barbuto editorialista deve essere confutato.
Che a lui piaccia o meno, la destra è un pensiero diffuso, che corrisponde a sensibilità assai radicate nell’animo di milioni di italiani, che certamente chiedono una rappresentanza politica nuova più capace di interpretarli, ma non volgono altrove perché sanno che ci sono differenze strutturali, direi antropologiche, che nessun politologo riuscirà mai a nascondere come fosse polvere da mettere sotto il tappeto.
È la sensibilità, per fare solo qualche esempio, di chi ritiene che la tutela e l’indennizzo delle vittime venga sempre prima degli sconti e del perdono ai colpevoli; che interesse ed identità nazionale non si barattino con la commessa all’estero di questa o quella impresa; che l’uso della droga non debba mai trovare giustificazioni; che nessun governo e nessuna legge abbiano mai creato un solo posto di lavoro, il cui sviluppo dipende invece dalla determinazione nel liberare le forze positive dell’economia dai vincoli di una burocrazie e di un fisco insopportabili; che la vita non si esaurisca nel godimento di benefici materiali, ma che esista una sfera etica e morale cui vita privata e Cosa Pubblica devono render conto; che il dovere di solidarietà non può sfociare nell’invito al sopruso, mettendo a repentaglio la sicurezza dei cittadini; che parità di condizioni ed egualitarismo siano due concetti assai diversi, dove il secondo tende a livellare ogni differenza, mortificando il più capace a livello del fannullone. Chi crede che la responsabilità delle scelte e dei comportamenti sia sempre personale e mai collettiva.
Sotto il profilo della rappresentanza politica, è la sensibilità di chi sceglie di privilegiare un percorso di coerenza e di difesa di valori e contenuti, anche a costo di abbandonare posizioni di comodo e vantaggi personali.
È il profilo di chi, ad ogni livello, ha scelto e sempre più sta scegliendo Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale.
Una casa offerta ai tanti italiani che non hanno rinunciato a veder espressa la propria visione del mondo, e vogliono porre le basi per la ricostruzione di un’area di destra estesa, credibile e capace di riassumere i ruoli di maggiore responsabilità.
Se poi questo non dovesse rappresentare i “bisogni” e gli interessi del Corriere della Sera e dei suoi azionisti, proveremo a farcene una ragione.