Intervenire per ricostruire e prevenire. Azioni che sembrano essere scomparse dall’orizzonte dei nostri amministratori regionali e nazionali. I sindaci lasciati da soli in prima linea ad affrontare emergenze che a distanza di un anno e mezzo dal sisma non sono state ancora risolte. Paolo Trancassini, è stato intervistato dalla televisione della Svizzera italiana sullo stato d’avanzamento della ricostruzione e sulle criticità che ancora insistono nel cratere del sisma. Ha inoltre fatto visita ad Amatrice nel segno di una solidarietà tra amministratori locali che non è mai venuta meno. Pesa su tutta l’area un modello di ricostruzione rimasto solo sulla carta con attuazioni tardive e che ha già ampiamente dimostrato i suoi limiti. Un territorio ferito che stenta a riprendersi da una doppia congiuntura, quella economica e quella legata agli effetti di uno dei terremoti più devastanti dell’ultimo secolo. È tempo di voltare pagina e cogliere le opportunità che questa condizione di disagio comunque offre per ricostruire bene e prevenire, in un territorio che, piaccia o no, resta ad alto rischio sismico.
“Sono tornato ad Amatrice dopo qualche tempo per capire meglio la situazione, per ascoltare gli umori degli abitanti che tra le casette e i centri commerciali cercano di ricostruire un tessuto sociale basato sulla normalità. Ma di normale non c’è nulla, nemmeno quel senso di precarietà e di lentezza che si percepisce ad ogni passaggio di camion carichi di macerie. Nei negozi si muore di noia, così ci dicono entrando in un forno: “si vede qualcosa nei fine settimana buoni, ma giusto un passaggio fugace di turisti prevalentemente attratti dall’Area Food, per il resto la situazione è drammatica”. Anche a Borbona mi chiedono che ne penso delle strutture di emergenza che devono essere ancora consegnate, dello stato di straordinaria temporaneità in cui versa la ricostruzione che ancora si appella alla condizione di emergenza. Sono passati quasi due anni, la popolazione del Centro Italia ha un disperato bisogno di vedere dei risultati, di avere delle risposte dall’Ufficio per la Ricostruzione; la nostra gente a 18 mesi dal sisma ha il diritto di vedere che qualcosa si muova, che i cantieri si aprano e che la messa in sicurezza per lo meno dei danni più lievi sia autorizzata e si appresti a terminare per l’estate. Non possiamo permetterci un’altra stagione estiva in trepidante attesa che qualcuno si accorga che oggi è già domani ed è tardi, tardissimo. E’ ora di sovvertire gli schemi, di cambiare rotta.”