Latte versato per le strade come lacrime di rabbia, latte, alimento di prima necessità che viene buttato via in un gesto estremo per dire basta.
I pastori sardi protestano per il prezzo del latte troppo basso, 60 centesimi al litro, e chiedono che venga fissato a 1 euro, per evitare il deprezzamento di una materia prima preziosa che lavorano con cura, secondo antica tradizione. Reclamano per la loro fragilità di allevatori di fronte a un mercato che privilegia la quantità, calpestando ogni criterio di qualità del prodotto e chiedono aiuto per arginare una catastrofe senza fine.
La protesta parte da lontano, già nel luglio 2001 alcuni pastori sardi arrivarono a Genova al G8 per denunciare le loro difficoltà sulla scena internazionale.
Nel 2004 in 2000 bloccarono la statale Cagliari-Sassari per protestare contro il prezzo del latte fissato a 55 centesimi anziché a 85.
Nel 2005 il Copas Coordinamento Pastori Sardi portò la protesta sotto il Palazzo della Regione, con i pastori in rivolta affinché il prezzo venisse fissato a 62 centesimi al litro anziché a 51 come proposto dagli industriali.
Nell’agosto 2010 mille pastori manifestarono in Costa Smeralda, a Porto Rotondo e all’aeroporto di Alghero. A ottobre, a Porto Torres, 300 esponenti del Movimento Pastori Sardi forzarono i blocchi delle forze dell’ordine mentre a Cagliari occupavano il palazzo della Regione. Sempre nel 2010, a dicembre, 200 pastori del MPS, diretti a Roma al Ministero delle politiche agricole vennero fermati a Civitavecchia; scattarono denunce per resistenza a pubblico ufficiale e manifestazione non autorizzata.
Nel febbraio 2011 i pastori sardi manifestarono davanti alla Borsa di Milano e nel 2016 Coldiretti organizzo’ una protesta a Cagliari contro il ribasso del prezzo del latte.
Nel 2018, a gennaio, 200 pastori restituirono le schede elettorali delle elezioni del 4 marzo.
La protesta di questi giorni è però più eclatante, amplificata dai video del latte versato per le strade della Sardegna, dalle immagini dei camion aperti con i loro carichi rovesciati, dalle infinite code di auto ferme sulle principali vie di collegamento dell’isola che rimbalzano su internet.
E mentre in passato le rimostranze venivano veicolate attraverso le associazioni di categoria, la protesta a cui stiamo assistendo è spontanea, sparsa e si diffonde di ovile in ovile, mentre le associazioni di categoria non riescono a arginarla.
Il malessere viene dalla pancia che lo manifesta senza intermediari.
A esasperare gli animi ha contribuito la vicenda del caseificio Pinna, accusato di aver utilizzato latte importato dalla Romania, spacciandolo per sardo, per produrre il Pecorino.
Così la protesta è arrivata fino alle porte del caseificio Pinna a Thiesi.
Una ferita profonda alla tradizione della Sardegna, conosciuta come l’isola dei formaggi, che dimostra come la produzione industriale stia schiacciando le produzioni artigianali, l’integrazione tra allevamento e produzione del latte, in sostanza la millenaria cultura agropastorale.
Il mercato globale non riconosce valore ai prodotti di qualità che sono espressione del territorio ma impone il criterio della quantità nella produzione, stringendo in una morsa mortale chi produce latte nel rispetto dell’ambiente e degli animali sostenendo costi elevati che non permettono di vendere sotto costo.
Far prevalere il criterio della quantità nella produzione mette a rischio anche la cultura locale e il suo sistema economico- sociale: se i pastori sardi abbandonassero i pascoli andrebbero perse tradizioni antichissime e il territorio incolto andrebbe incontro a dissesti e disastri.
Preservare la qualità del prodotto legato al territorio significa quindi proteggere il territorio stesso con la sua cultura e la sua storia.
Occorre diffondere l’idea che il latte di qualità costa e deve essere pagato e che è diritto dei consumatori conoscere l’origine del prodotto, la conduzione degli allevamenti, le tecniche di lavorazione.
Nel frattempo l’Antitrust ha avviato un’istruttoria per accertare se i caseifici abbiano imposto agli allevatori un prezzo di vendita del latte inferiore ai costi di produzione, attuando così uno squilibrio contrattuale a svantaggio degli allevatori.
Intanto continua la trattativa tra i pastori e il Governo che ha proposto di portare il prezzo del latte a 72 centesimi al litro.
La speranza è che si arrivi a un accordo che tuteli chi produce e non chi specula perché la lotta dei pastori sardi è la battaglia della nostra Nazione.
La Sovrana Bellezza siamo noi.