L’Italia è sotto un attacco violento e sistematico.
Ciò che ci rende unici al mondo, la nostra eccellenza, è minacciata, depredata, svenduta.
L’aggressione sta avvenendo su più fronti e con tattiche diverse, senza che la sua gravità venga denunciata, tanto che rischia di passare inosservata e quando si manifesta ci induce a pensare che sia inevitabile.
Il pericolo più grave è la rassegnazione a un fenomeno che ci priva di ciò che costituisce da sempre la nostra essenza.
Per questo è importante vigilare e ogni volta che è possibile denunciare perché questa prevaricazione non assuma l’aspetto di un fatto astratto ma venga percepita da ognuno di noi come un attacco alla propria identità.
Negli ultimi anni marchi italiani prestigiosi sono stati acquistati da aziende estere, tra i più noti Telecom dagli spagnoli, Barilla dagli americani, Parmalat dai francesi, Algida da una società anglo-olandese, Gucci dai francesi, Star dagli spagnoli, Galbani, Invernizzi e Locatelli dalla francese Lactalis, Buccellati dai cinesi, Loro Piana dal gruppo francese Lvmh che ha acquisito anche Bulgari, Fendi e Pucci.
C’è poi un attacco che viene sferrato dall’interno, da alcune delle nostre stesse aziende che scelgono di far produrre all’estero alcune parti dei loro prodotti.
La Ducati, storica fabbrica di moto, che affidava alla Verlicchi, gloriosa azienda bolognese, la produzione dei telai ha scelto di avvalersi di un’azienda vietnamita, la V.pic, per risparmiare sette euro a telaio.
Il risparmio per la Ducati è stato più teorico che effettivo tenuto conto delle spese di trasferta delle delegazioni commerciali e tecniche.
Così la Verlicchi, che era una eccellenza italiana del motociclismo, ha cessato la produzione e la dispersione delle capacità intellettuali delle sue maestranze ha danneggiato anche la Ducati.
Su un altro fronte si assiste alla chiusura di aziende che hanno fatto la storia d’Italia: Richard Ginori, Mariella Burani, Borsalino e tra i casi più recenti la Magneti Marelli e la Pernigotti.
L’attacco più subdolo ma certamente non meno pericoloso viene dall’ONU e ha l’aspetto del paradosso.
Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma, olio extravergine d’oliva, che compongono la dieta mediterranea, considerata universalmente il regime alimentare più sano del mondo, sono finiti sul banco degli imputati con l’accusa di nuocere alla salute.
Il danno che ne deriva è enorme e non è soltanto economico.
Se è vero che il genio italiano non potrà mai essere acquisito da altri è pur vero che l’aggressione sistematica che subiscono le nostre eccellenze è una vera spoliazione del patrimonio economico, storico e culturale della nostra Nazione.
I prodotti italiani più noti non possono essere denigrati con il pretesto che non rispondano a criteri di salubrità stabiliti con discutibile rigore, ne’ l’Italia può diventare una terra di conquista in cui potenti gruppi stranieri attendono il momento di difficoltà di un marchio italiano per appropriarsi e trarre profitto da un prodotto che attrae i compratori proprio perché italiano.
I nostri prodotti esercitano all’estero un fascino irresistibile perché nascono da sapienza artigianale e lunga tradizione, concetti incompatibili con le esigenze di un mercato globale che, in palese corto circuito, da una parte cerca di appropriarsi delle nostre eccellenze dall’altra le cannibalizza.
Sono tristemente noti i casi di aziende italiane acquistate da multinazionali che poi sono state abbandonate, tra le altre Embraco, Saeco, Piaggio, Alitalia.
Aggredire le nostre eccellenze significa colpire l’immagine dell’Italia nel mondo,
è come squarciare una tela d’autore o distruggere un libro che ha segnato la storia dell’umanità: lascia più povera non soltanto l’Italia ma il mondo intero.
La Sovrana Bellezza siamo noi